Con le stesso concetto di 5 mesi fa (28 aprile 2018: “i giocatori sembrano contro l’allenatore”), ieri è stato esonerato Tedino. La piazza esulta (si fa per dire), non ha mai amato Tedino reo di non aver dato un gioco credibile alla squadra. Ma lo sappiamo tutti, il problema non è questo. Neanche Mourinho risolverebbe “il problema” del Palermo. Tedino lo sapeva, se lo aspettava più di chiunque altro. A Brescia nel dopo gara aveva detto al sottoscritto “ …in questo momento dobbiamo esser bravi a non fare un fumerone e capire che si può perdere una partita”.
Sapeva di essere a rischio, perennemente a rischio. Era triste. Sapeva di essere un lavoratore a giornata, oggi mi servi domani non so. E non sarà stato bello lavorare con questo contratto. Per nessuno è bello lavorare a giornata, figuriamoci per uno che deve gestire un gruppo: è delegittimato sul nascere. Ma ha commesso un grosso errore Tedino, tornare. Quando venne richiamato non per stima ma per necessità di cassa avrebbe dovuto dire: “ringrazio il patron ma rifiuto e vado avanti”. Vado avanti nella mia carriera, vado avanti nella mia immagine, nel mio orgoglio, nella mia dignità. Perché a volte l’amor proprio vale più di un buon contratto. Torna Stellone, anche lui per necessità e non per amore. L’augurio è che almeno lui potrà strappare un contratto a tempo determinato. Stellone aveva fatto bene lo scorso campionato, silurato sol perché un po’ più capriccioso ed autonomo nelle scelte. Fu incomprensibile averlo cacciato così come fu incomprensibile aver ripreso Tedino e ora riprendere Stellone. Ma viviamo da anni nell’incomprensibilità e nell’improvvisazione. Perché il problema è sempre questo benedetto pesce che puzza sempre dalla testa. Io sono anni che non ne mangio. Con affetto, Carlo Cangemi
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