Quando ormai si parla sempre meno di calcio giocato e sempre più della gestione di esso al di fuori del prato verde, sembra a tutti doveroso ricordare: dov’è finita la magia?
Come scrisse Eugenio Montale nel 1973: “Dallo stadio calcistico il tifoso retrocede ad altro stadio: a quello della sua stessa infanzia”, è questo lo spirito che molti hanno perso tra scandali e promesse non mantenute, e Palermo ne è l’esempio lampante.
“Dybala, un altro numero ad agirare Strinic, poi il cross sul secondo palo, Vazquez… Rigoniii 3 a 0 Palermo, un’azione splendida ancora della squadra di Iachini”, avvenimento relativamente vicino ma che sembra così lontano, un Renzo Barbera che esplode per ben 3 volte con una delle principali forze del campionato di Serie A e una squadra che non aveva nulla di differente dalla promozione dell’anno precedente. Tutti si domandano se ciò che manca sono i risultati o la serietà, ma la cosa che più manca sono gli occhi lucidi del bambino che sbaglia il calcio di rigore al campetto sotto casa e il bacio al pallone, sporco di fango, dopo il gol che decide la partitella 5 contro 5 al parchetto: il Calcio. Guardiamoci alle spalle e facciamo un passo avanti, entriamo negli stadi come quando scavalcavamo le grate dei piazzali e esultiamo come quando: “hey vedi che lo sbagli” ma tu puntualmente lo eliminavi alla tedesca.
Parlare di ritorno all’innocenza e alla passione infantile sembra un paradosso se si guardano i nuovi tifosi, figli della desolazione e dell’incertezza che ormai si respirano al Renzo Barbera, che sembra ormai un campo di battaglia dove rimangono solo le armi sanguinanti e i pochi sopravvissuti, che piano piano perdono conoscenza.
Quando ormai i gradoni dello stadio sembrano quasi voler parlare e non avere parole e i tornelli girare da soli, sembra che nessuno voglia calciare il pallone della speranza e cercare di salvare una popolazione sempre più nomade e decimata. Allora, se nessuno agisce o cambia, tocca a chi ama veramente innamorarsi una seconda volta.
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