Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano. Ma non solo: anche mediano, oppure ala. considerato tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo Pier Paolo Pasolini è stato spesso al centro dei dibattiti culturali italiani.
‘’Se non avessi fatto lo scrittore-regista, avrei voluto fare il calciatore’’. Un amore grande, una passione sconfinata. Pasolini considera il calcio, uno dei suoi più grandi piaceri dopo Letteratura e l’eros. Il poeta era un giocatore vero, dal piglio guerriero e dai piedi accomodanti. Per lui, le partite di pallone erano una cosa seria.
Durante gli anni della sua permanenza nella periferia di Roma lo scrittore si lasciava incantare da un pallone che finiva in strada e magari iniziava a giocare con persone che non conosceva nemmeno. Tuttavia, era molto severo. Gli piaceva fare le cose sul serio. Per lui, il Calcio, non era un passatempo fine a se stesso: era molto attento al risultato. Giocava assolutamente per vincere, certo, ma da tifoso non andò mai oltre lo sfottò di fine partita. Tifava Bologna, squadra per la quale nutriva un grandissimo affetto.
L’emiliano rivendicava sempre di essere un competente vero. Non era insomma uno di quei letterati del ‘900 che seguiva il Calcio per moda. Osservatore attento e tifoso ma mai ultrà. In una delle sue ultime interviste, gli chiesero un commento sulla Nazionale Italiana di Calcio, che in quel periodo stava attraversando una fase difficile. Lui rispose che aveva le sue idee, ma che voleva tenerle per sé, perché di commissari tecnici in Italia ce n’erano fin troppi”
Tra i tanti aneddoti riguardanti Pasolini calciatore, è impossibile non citare quello del “Derby” del 16 Marzo 1975, che vide contrapporsi le troupe di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” e “Novecento”, di Bernardo Bertolucci, in occasione del compleanno di quest’ultimo. Infatti, sfruttando la vicinanza dei set dei due film, allestiti rispettivamente a Mantova e a Parma, si decise di celebrare l’evento con una sfida sul campo della Cittadella, a pochi passi dallo stadio Tardini. Al 90esimo la rappresentativa “Centoventi”, capitanata dal proprio regista, ovviamente in maglia rossoblù, venne surclassata. Così, mentre la cronaca riporta il punteggio di 5-2, sappiamo anche di un Pasolini che abbandonò il campo, furioso tanto per il pesante passivo, quanto per lo scarso coinvolgimento nella manovra da parte dei compagni.
«I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei-sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora, e i miei amici, qualche anno dopo, mi avrebbero chiamato lo “Stukas”: ricordo dolce bieco) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso. Allora, il Bologna era il Bologna più potente della sua storia: quello di Biavati e Sansone, di Reguzzoni e Andreolo (il re del campo), di Marchesi, di Fedullo e Pagotto. Non ho mai visto niente di più bello degli scambi tra Biavati e Sansone (Reguzzoni è stato un po’ ripreso da Pascutti). Che domeniche allo stadio Comunale!»
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