Inter-Napoli dello scorso 26 dicembre, ha lasciato molte scorie sul calcio italiano e soprattutto molti interrogativi su cosa sia diventata la società italiana (con ovvi riflessi sulle tifoserie organizzate) e sulle gravi responsabilità degli esponenti delle istituzioni statali e calcistiche. I gravi atti teppistici e squadristi avvenuti a poco più di un kilometro di distanza da San Siro poco prima dell’inizio della partita, non sono certo un caso isolato ma segnano un punto di non ritorno.
Perchè i rapporti tra le tifoserie napoletana ed interista, chiunque sa non essere certo idilliaci. Tant’è che le partite tra le due compagini sono sempre considerate ad alto rischio e quindi l’allerta da parte di questura e forze dell’ordine dovrebbe essere massima, ma come al solito esse latitano nel momento di maggior bisogno, Tra l’altro la curva dell’inter, ha gran parte della propria tifoseria organizzata con simpatie per l’estrema destra e gran parte delle curve con simili simpatie, quando le loro squadre affrontano il Napoli, da sfoggio dei più beceri cori contro la città di Napoli ed i suoi abitanti, augurando loro di essere arsi vivi dalle eruzioni del Vesuvio.
Per qualcuno, (ad ogni livello) augurare simili disgrazie, come bersagliare di ululati i calciatori di pelle nera, rappresenta uno sfottò osoltanto un modo per intimidire l’avversario, ma in realtà tutto ciò sfocia nelle discriminazioni territoriali e nel razzismo, comportamenti che le norme Uefa condannano e puniscono con pene che vanno dall’interruzione temporanea della partita (che spetta all’arbitro dopo aver sollecitato i settori dello stadio da cui provengono gli insulti a smetterla, attraverso annunci fatti dallo speaker dello stadio) alla sospensione (decisa dal questore e dall’addetto alla sicurezza dello stadio) se quei cori dovessero protrarsi.
Nel match di San Siro, gli annunci a mezzo speaker sono stati fatti 2 volte, ma i vergognosi cori da parte della curva nord di San Siro nei riguardi di Koulibaly e della popolazione napoletana sono proseguiti per tutto l’arco della gara. Incurante di ciò, l’arbitro Mazzoleni (nostante le ripetute richieste di Ancellotti e degli adepti della società napoletana) si è ben guardato dall’interrompere la partita ed il giorno dopo, il questore di Milano Marcello Cardona, ha dichiarato che quanto successo fuori dallo stadio è stata un’azione squadrista, ma che il match non poteva essere sospeso, altrimenti sarebbe successo il finimondo.
Dichiarazioni che la dicono lunga su una situazione che è ormai fuori controllo, a causa soprattutto di figure del tutto incompetenti a ricoprire i loro incarichi. Da queste dichiarazioni si evince inoltre come Mazzoleni sia stato evidentemente indotto a non interrompere la partita. Se una partita è così a rischio e la sicurezza non può essere garantita, (i cui motivi sono oscuri) perchè farla disputare e soprattuto al Meazza? Devono succedere episodi drammatici come quelli avvenuti alla vigilia della finale di ritorno del’ultima coppa Libertadores, prima che vengano presi simili provvedimenti?
Del resto gli ululati agli indirizzi del difensore senegalese del Napoli e i cori di discriminazione territoriale, sono stati preceduti da scene di far west poco prima dell’inizio della partita nei pressi dello stadio milanese, con la morte di Daniele Belardinelli, l’ultras del Varese, giunto a dare manforte ai teppisti della curva nord in virtù del gemellaggio in atto tra le due tifoserie. Il 39enne, con un Daspo di cinque anni alle spalle ed appartenente al gruppo neonazista blood and honour, faceva parte di un vero e proprio ‘commando’ organizzato, composto da un centinaio di tifosi interisti, che ha teso un agguato ad un gruppo di napoletani (che viaggiava su un pulmino) prima dell’arrivo allo stadio. A seguito degli scontri scaturiti all’agguato, Belardinelli è stato investito da un suv che probabilmente tentava di scappare da quell’area pericolosa.
Dulcis in fundo, quattro tifosi napoletani sono stati accoltellati. E’ pur vero che il razzismo, l’incivilità e la maleducazione non albergano solo negli stadi, ma imperversano in larghissimi strati della società e non possono essere sconfitti coi daspo, con la chiusura degli stadi, con interruzioni e sospensioni della partite e quant’altro. Semmai c’è bisogno di un profondo rinnovamento culturale e mentale, che inizi dai primi anni di scuola ed aiuti a coltivare la solidarietà e la fratellanza tra persone di varie etnie, città e nazioni, ma è altrettanto vero, che chiunque deve essere libero di poter assistere a qualsiasi evento, senza essere insultato e fatto oggetto di agguati e violenze solo perchè ha la pelle più scura o proviene dal meridione d’Italia. Gli stessi calciatori, da anni sono vittime di atti razzisti, senza che il fenomeno sia mai stato debellato.
Le norme d’altronde ci sono, le ha stabilite la Uefa, e non si capisce perchè non possano essere applicate da chi di dovere. E’ altrettanto incomprensibile che nell’era della videosorveglianza su larga scala, non si possano dotare gli stadi di telecamere puntate quantomeno sui settori più caldi. Risulterebbe così, facile individuare i responsabili della barbarie e si farebbe sì che essi non possano più mettere piede allo stadio, anzichè dover chiudere interi stadi per alcune partite, privando così della fruizione all’evento, chi non lo merita.
il giudice sportivo ha infatti disposto per l’Inter, “l’obbligo di disputare due gare prive di spettatori e un’ulteriore gara con il settore secondo anello verde privo di spettatori”. Solite misure che non sono mai servite a nulla e mai serviranno al pari delle indagini (questa volta sulla morte di Belardinelli) che come sempre brancolano nel buio, anche se hanno portato a 3 arresti ed 8 indagati per rissa aggravata. E’ ancora tutto da accertare. Bisogna prevenire il verificarsi di simili avvenimenti, ma i vertici dello Sport e dello Stato, non la pensano così.
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