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La vera partita del cuore: sport vs razzismo

di Filippo Triolo

Che alcuni tifosi della nostra Caput Mundi, sia di Roma che Lazio, non fossero di estrema sinistra, lo si era già capito da tempo. Dopo le figurine con Anna Frank che indossa la maglia della Roma, i cori razzisti contro Koulibaly, gli scontri di Milano, i volantini con scritto «Lazio Napoli Israele stessi colori stesse bandiere, merde» (da parte di tifosi romanisti) ecco l’ennesima prova di come le curve di alcuni degli stadi italiani siano nettamente politicizzate e assolutamente antisportive.

Infatti, lo scorso 11 gennaio, durante la partita di Coppa Italia Lazio-Novara all’Olimpico, si è verificata una nuova situazione altrettanto spiacevole: cori razzisti dalla Curva Nord al 30′ del primo tempo della sfida vinta dai biancocelesti per 4 a 1. Gli slogan che si sono levati sono stati: “giallorosso ebreo” e “questa Roma qua sembra l’Africa“. Cori anche contro le forze dell’ordine. 

Che al giorno d’oggi esistano ancora individui capaci di professare tali bestialità non è una novità, è una novità invece che il “governo del cambiamento” non abbia ancora preso dei giusti provvedimenti nonostante la pluralità degli eventi al riguardo.  Sport e razzismo (una delle tante forme dell’ignoranza) non dovrebbero condividere gli stessi luoghi, ma giocare la stessa “partita”. Di fatti, in una pura ideologica partita di calcio, lo sport dovrebbe vincere, dimostrando di essere deterrente ed esempio di come la diversità sia una ricchezza e di come l’unica forma possibile di razzismo al mondo sia quella tra bene e male. Ma tutta questo è solo una folle utopia e lo sarà fino a quando chi è colpevole non verrà punito e si avrà il coraggio di far tacere veramente gente del genere. Il che è molto complicato, perché i nostri cari ultras di tutte le curve del Bel Paese si sentono, molto stupidamente, più forti quando vengono reputati degni di importanza con articoli come questo. Ma purtroppo, informare e denunciare sono cose del mondo fondamentali.