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Antonio Di Gaudio: l’amore rosanero mai sbocciato e il suo “secondo” padre

La sfida di lunedì sera tra Palermo e Verona avrà tanti doppi ex in campo, ma in questo gruppo non rientra Antonio Di Gaudio, colui che però sentirà più di tutti questo incontro. Il classe ’89 nativo di Borgo Nuovo ha soltanto sfiorato la maglia rosanero da giovane quando “scavalcava le recinzioni della vecchia Favorita per andare a vedere i suoi idoli Cappioli e La Grotteria”. Quei colori adesso rappresentano soltanto la squadra della sua città e non più la sua squadra del cuore.

All’età di 17 anni, infatti, il Palermo decise di “scartare” l’esterno pochi giorni prima del ritiro con la Primavera, notizia che lo fece piangere seduto su un muretto del centro sportivo Louis Ribolla. Proprio lì iniziò tutto con Salvatore Zammitti, colui che lo considera un suo secondo padre, il padre che non ha mai avuto. Odierno allenatore dei Giovanissimi Sperimentali rosanero, si racconta così a gianlucadimarzio.com:

Senza quell’evento magari non sarebbe diventato il giocatore che è oggi. Quel muretto si è rivelato il suo trampolino di lancio dopo un anno dove lo vidi piangere tante volte. Lì promise che avrebbe giocato almeno una partita in Serie A, quello che ha promesso l’ha mantenuto. Ancora oggi sono l’unico che lo chiama Antonio e non Totò. Il fatto che mi abbia definito così è un qualcosa che mi inorgoglisce, sto raccogliendo queste piccole soddisfazioni che possono essere di un papà, che materialmente non sono, che vede raggiungere da parte del proprio figlio l’obiettivo che aveva sin da piccolo e che non ha mai smesso di credere in questo suo progetto“.

Da bambino viene adocchiato tra le strade di Borgo Nuovo per essere portato all’interno della scuola calcio di Totò Schillaci: “In quel periodo non c’erano tante scuole calcio – racconta Zammitti – Lì non ha mai pagato per allenarsi e giocare“. Le qualità di Di Gaudio sono subito emerse, crescendo dai pulcini fino alla vittoria del campionato regionale Allievi con la maglia della U.S. Palermo, proprio con Zammitti allenatore: “Lui era la ciliegina sulla torta di quella squadra. Vincemmo il titolo regionale grazie ad una sua doppietta in finale, fino ad arrivare alle semifinali per lo scudetto. Di Gaudio aveva qualcosa in più degli altri grazie alla fantasia e alla destrezza nel saltare l’avversario“.

Dal Ribolla al Palermo, e poi l’Emilia Romagna dove trova la sua seconda casa. In Serie D, a Castelfranco Emilia, dove inizia a crescere calcisticamente, poi Carpi con il quale raggiunge il sogno della Serie A. “Voleva fare calcio ed era convinto – prosegue Zammitti – Lui dovrebbe giocare ancora oggi in Serie A, ha fatto una scelta andando a Verona e va rispettata. Secondo me giocherà fino a 40 anni, ha la qualità, forza mentale e cultura dell’allenamento. In estate mi manda i video dei suoi allenamenti“.

Emblema della perseveranza, quella che ha portato Di Gaudio ad essere il giocatore che è oggi alla vigilia del suo ritorno a Palermo da avversario (imbattuto contro i rosanero), a caccia del primo gol esterno con la maglia dell’Hellas.