Il terzino è disponibile a ripartire anche dalla D: «Serve un progetto serio, io lo valuterei attentamente. La città e i tifosi meritano la A».
“Non c’era fiducia nei Tuttolomondo e in Lucchesi, quest’ultimo reduce da una serie di
fallimenti…Anche il tecnico Marino c’è rimasto malissimo come me. Aveva una grande voglia di fare bene”.
Per un calciatore il fallimento di una società è sicuramente una sconfitta, un momento di grande confusione. Ma se il calciatore è della stessa città della squadra che fallisce non c’è soltanto tristezza vera e propria rabbia.
Questa si respira nelle parole di Antonio Mazzotta, intervistato da Fabrizio Vitale, sulla Gazzetta dello Sport oggi in edicola, di cui vi riportiamo qualche passaggio:
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“Sono passato dal vivere la mia stagione più bella, perché ero riuscito a tornare a Palermo
dopo dieci anni in giro per l’Italia, al dramma più totale…Mi hanno distrutto un sogno.
Fallire la stagione e vedere cancellata la squadra della propria città, non lo auguro a
nessuno..
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Restare in D è un’ipotesi che prenderei seriamente in considerazione, se fosse un progetto serio, modello Parma o Bari. É la mia città e mi sentirei obbligato a dare una mano per questi colori
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Abbiamo dato mandato all’Aic, attraverso Pomini, di agire legalmente. Questi personaggi
non la devono passare liscia. Hanno ferito una città, ma non siamo morti. Sarebbe bastata un po’ più di attenzione da parte di tutti. Si sapeva che Lucchesi veniva da sei fallimenti,
Tuttolomondo, poi, ha fatto solo chiacchiere..Avevamo tantissima fiducia in Foschi, appena lo hanno messo fuori a fine campionato abbiamo capito che qualcosa non andava.
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Nutrivamo qualche speranza nel presidente Albanese, essendo palermitano, ma evidentemente ci siamo sbagliati“.
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