A 22 anni dalla sua precoce scomparsa, il pensiero di tutti gli italiani e degli amanti del calcio deve andare a Fabrizio De Andrè, considerato uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi, conosciuto anche con l’appellativo di Faber.
Perchè? Per la sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-castell. Fabrizio aveva passioni inimmaginabili, data la sua nota figura di cantautore. Oltre al calcio era appassionato di astrologia. Quando qualcuno doveva collaborare con il cantautore ligure, la prima cosa che gli De Andrè faceva era il quadro astrale e se il quadro astrale non andava bene quella persona non aveva tante possibilità di farcela.
‘’Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare il cattivo esempio…’’
Oggi azzardiamo un po’; proviamo a raccontare un’immagine diversa di Faber, quella che forse molti non sanno, non si aspettano. Quella del ‘’poeta tifoso dei grifoni’’. A rimarcare proprio il fatto che nella vita di molti artisti, il calcio come tutto lo sport, è stato un veicolo portatore di grandi emozioni e soddisfazioni. Oltre la capacità della ragione, il calcio ci rende tutti simili, piccoli, gentili ingenui bimbi che riescono ancora a meravigliarsi davanti ad uno spettacolo.
‘’Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno’’. (Pier Paolo Pasolini)
Fabrizio De Andrè non amava andare allo stadio, per lui era particolarmente complicato e poi era un grande pigro, diciamolo. Ma molte volte – racconta Mauro Pagani, produttore discografico – si fermava davanti alla televisione a guardare le partite del Genoa con la sciarpa e il cappellino. Rigorosamente tutto rosso e blu, che erano i suoi colori.
Una passione che arrivava a trasformarsi in ossessione, in rituali che caratterizzavano il cantautore ligure – basti ricordare il bisogno della sigaretta durante i suoi concerti -. Ad esempio, pare che da giovane scrivesse su dei taccuini nei quali annotava maniacalmente formazioni calcistiche, tabelle salvezza, sogni di mercato, persino i nomi degli squalificati delle squadre che il Genoa si apprestava ad incontrare.
Il Genoa era la sua passione. La notte, al caldo, leggeva e annotava tutto quello che pensava potesse essere interessante, anche sui calciatori, le loro storie. Non era un tipo che si faceva trovare impreparato.
Sappiamo tutti com’era il suo carattere. Se poi analizziamo il suo tifo per il Genoa ci accorgiamo appunto quanto era profondamente smisurato. Il lunedì se il Genoa la domenica aveva pareggiato bisognava stargli alla larga, ma se il Genoa aveva perso era anche peggio.
«Quella per la squadra è una fede laica, che nasce da un bisogno infantile».
Cosa voleva dire Faber?
‘’La passione per la squadra è una fede nella quale tu sospendi il giudizio. Puoi criticarla ma è impossibile, come sappiamo, cambiare squadra. Tu cominci e quella diventa una fede che non ha nessuna spiegazione, è proprio come un atto di fede, basata anche sulla credulità che tu hai da bambino, che poi ti porti dietro per tutta la vita’’.
Torniamo così a Borges, Pasolini, per Faber, come per loro, il tifo era una specie di fede laica,
«E’ il bisogno di schierarsi in un partito, simbolizzato magari da un colore ma che si pretende essere sostenuto da una tradizione o da una cultura diversa da quella degli altri: il tifo nasce da un bisogno forse infantile di identificarsi in un gruppo che ha come obiettivo la lotta per la vittoria contro altri gruppi».
Un giorno gli chiesero di comporre l’inno del Genoa, ma il cantautore rifiutò. L’imparzialità per poter scrivere una canzone sulla sua squadra non era da lui concepibile.
«Per fare canzoni bisogna conservare un certo distacco verso quello che si scrive e col Genoa proprio non si può». “Al Genoa scriverei una canzone d’amore – disse una volta De Andrè – ma sono troppo coinvolto”.
Queste poche parole sono subito diventate celeberrime tra i tifosi del Grifone. Successivamente il club ligure fece stampare sulle maglie nel gennaio 2017, in occasione della gara di campionato con la Roma, per tramandarne il ricordo a 18 anni dalla sua scomparsa.
ventidue anni dalla sua scomparsa. Vogliamo rammentarlo attraverso queste parole, le parole di una delle cantatrici più amate del panorama italiano ed internazionale: Mina
‘’Fabrizio, ancora insegni. E sorprendi. E affascini tutti, non soltanto chi ha il dono dell’intelletto. E lo farai per sempre. Troppo c’è da imparare, da godere, da ciucciare, da rubare. Quel sorriso involontario che affiora sulle labbra quando ti ascolto si presenta solamente in casi eccezionali. Tu rimani un caso eccezionale. Ti ascolto ed è sempre come se fosse la prima volta. Una scoperta continua. C’è sempre qualcosa in più, qualcosa che si precisa meglio, qualcosa che ti segue e non ti molla. Per fortuna. Chissà dove sei, a chi regali la tua intelligenza, chissà cosa ti passa per la testa. Avremmo proprio bisogno del tuo pensiero illuminato. Siamo rimasti qui, deserti di te, senza possibili sostituti. Rivoglio la tua voce. Torna, Fabrizio. Torna”.
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