Dopo quarant’anni di appelli, lotte e scontri, da oggi anche le donne iraniane possono tifare dagli spalti i loro beniamini.
Ad annunciare il lieto evento è stato il ministro dello Sport di Teheran, Masoud Soltanifar, successivamente alla nota del presidente della Fifa Gianni Infantino che invitava la Federcalcio iraniana a cambiare una pratica assolutamente intollerabile ai giorni nostri.
Questo divieto ha la sua origine nel 1979 quando, dopo la rivoluzione islamica, alle donne era stato impedito l’ingresso negli stadi dalla polizia religiosa per evitare contatti con uomini che non fossero loro parenti. Proprio il clero sciita più conservatore, era la fazione che mostrava ancora ritrosie per questo salto nella civiltà.
Vari erano stati, in questi anni i tentativi di aprire alle donne il mondo del calcio, la bellezza del tifo, di un pallone che rotola sull’erba e di un orgoglio che sia nazionale o cittadino per una squadra. Qualcosa che forse a noi sembra scontato, ovvio, eppure non lo è.
Un risultato ottenuto con sacrifici non indifferenti, una ribellione sedata molto spesso nel sangue e nel silenzio di innocenti. Come si evince dalla storia di Sahar Khodayari, la trentenne tifosa iraniana, definita la ragazza in blu, che si è data fuoco per non tornare in carcere dopo essere stata scoperta in mezzo agli uomini sulle tribune. Una tragica morte che ha indignato il mondo intero e ha scosso le coscienze.
Il via libera è atteso ora dalla partita che il 10 ottobre la Nazionale maschile giocherà allo stadio Azadi di Teheran contro la Cambogia per le qualificazioni al Mondiale del 2022 in Qatar. Sono già stati approntati ingressi, spazi e bagni separati per uomini e donne, ha spiegato ancora il ministro Soltanifar, promettendo un dispiegamento rafforzato di polizia per garantire che non vi siano incidenti.
Le tifose iraniane dovranno ancora guardare in tv domenica l’atteso derby di Teheran tra i rossi del Persepolis e i blu dell’Esteghlal, la squadra per cui tifava proprio la ragazza in blu.
Anche in Italia si continua a lottare contro i pregiudizi in tal senso. Donne e calcio, rappresentate ancora purtroppo come due rette parallele che non si incontreranno mai. E’ etichettato come uno sport per uomini, “cosa devono capirne le donne di un fuorigioco, del tiki taka, del possesso palla, di una giocata tacco-punta“. Battute che ancora suscitano ilarità e scherno. Eppure dopo il mondiale femminile, qualcosa è cambiato.
Perché per quanto qualcuno ancora non lo riesca a capire, non si può fermare l’aria del cambiamento. E tutte noi donne dobbiamo ringraziare Sahar Khodayari perché è anche grazie al suo sacrificio, che molte donne potranno esser libere di esprimere il proprio giubilo per la propria squadra. Lo sport non divide, unisce.
Grazie Sahar Khodayari per aver abbattuto il muro dell’ignoranza, tra gli spalti ogni tifosa iraniana e non, potrà ricordarsi che la tua battaglia non è stata vana.
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