Tutto cominciò dopo il mancato closing con Baccaglini.
I guai iniziarono a luglio del 2017, l’ex presidente finì pure ai domiciliari.
Due anni di agonia. Tanto è durata la sopravvivenza del Palermo, in uno stato che di roseo aveva poco, ma di nero ha avuto parecchio.
Inizia così l’articolo di Benedetto Giardina che sul Giornale di Sicilia oggi in edicola, ripercorre tutte le tappe che da luglio 2017 hanno portato fino al fallimento di ieri.
L’incontro con Baccaglini e il closing che salta; 6 giorni dopo la Guardia di Finanza entra nella sede del club e a casa Zamparini. La prima richiesta di fallimento della procura.
Il nodo Mepal-Alyssa con la società che aspetta 40 milioni dalla holding lussemburghese che fa sempre riferimento a Zamparini.
Il 15 novembre 2007 i PM accusano di insolvenza la società rosanero. Ma qualche giorno prima Zamparini aveva lasciato la presidenza affidandola a Giovanni Giammarva che convince l’ex patron a iniziare a pagare il debito Alyssa.
Poi le trattative con Cascio che si defila in fretta, quelle con lo svizzero Antonio Ponte con cui non si trova un accordo e poi Follieri la cui offerta manda su tutte le furie Zamparini che a quel punto decide di percorrere altre strade, scrive il giornale.
Poi la richiesta di arresti domiciliari che sono attesi per il 25 gennaio data entro la quale Zamparini vuole vendere il club. Lo cede a Spòrt Capital Group che però ha capitali irrisori. Il resto è storia di oggi con la De Angeli che rileva le quote, Mirri che interviene per pagare gli stipendi ed infine la cessione delle quote ad Arkus dopo che salta l’accordo con York Capital.
Si muove anche la giustizia sportiva dapprima con la retrocessione in C e poi con i 20 punti di penalizzazione in serie B. Ma per iscriversi nel campionato cadetto ci vogliono 8,3 milioni di perdita patrimoniale, scrive in conclusione di articolo Giardina.
Non viene fatto niente e il 4 luglio il Palermo viene cancellato dal calcio.
Ora l’atteso fallimento.
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