In un’intervista a La Repubblica, il presidente della FIGC Gravina, fa un bilancio del suo primo anno dopo la qualificazione all’Europeo per l’Italia, il ritrovato entusiasmo per la nazionale, il rilancio del calcio femminile e tanto altro.
Tra le note dolenti fanno discutere i rinnovati episodi di razzismo incorsi nei nostri stadi. Monitorare e porre rimedio a questa situazione diventa fondamentale per la diffusione dei sani principi, che uno sport come il calcio deve sempre garantire.
Da qui l’idea di sperimentare a Palermo, proprio nella gara contro l’Armenia al Barbera della nazionale di Roberto Mancini il 18 novembre, un radar che possa rilevare la provenienza di questi ululati e buu razzisti che stanno macchiando di disonore gli spalti italiani, che si stanno riscoprendo sempre più razzisti.
C’è un’emergenza: il calcio italiano si è riscoperto razzista.
“Eppure noi abbiamo norme di severità unica in Europa. Il problema è che molto spesso i buu non vengono percepiti allo stadio”
E cosa pensate di fare?
«Esiste un radar passivo, in dotazione all’antiterrorismo, che capta con microfoni direzionali la provenienza di un rumore. Può scovare in diretta chi sta facendo un coro razzista. O anche ricostruire la traiettoria di un petardo. Bastano due pannelli per settore, il costo non è proibitivo, lo produce un’azienda italiana. C’è solo un ostacolo legato alla privacy, perché può ascoltare conversazioni private allo stadio, ma è uno strumento micidiale. Vogliamo coordinarci con il Viminale, contiamo di testarlo in Italia-Armenia a Palermo».
Parte da Palermo una sperimentazione che potrebbe scoraggiare quei tesserati che avranno ancora voglia di esprimere il loro dissenso, basandosi unicamente sul colore della pelle o sulla provenienza di un calciatore.
Ribadirlo forse risulta banale, ma quando un problema persiste vuol dire che esiste gente ancora sorda al suo richiamo.
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