Vanta di un’esperienza importante in diverse società di Serie A come Juventus, Genoa e Brescia. Adesso la ripartenza al Palermo per Renzo Castagnini, direttore sportivo dei rosanero. Si racconta così, ai microfoni di TMW:
“All’inizio non sapevo se fossi all’altezza di accettare per una categoria come questa. Io e Sagramola abbiamo lavorato insieme, c’è un feeling particolare, ci conosciamo bene. Però non conoscevo la categoria, non sapevo cosa fosse. Quando brancoli nel buio non puoi sapere il valore di quello che vai a costruire. Ero terrorizzato, poi quando cominci a lavorare tutto cambia, ci metti la testa. Finché non c’è il campo come giudice non sai quello che hai costruito. Essere più o meno forte non è valutabile a tavolino. Qui c’è una responsabilità importante. Se vinci hai fatto il tuo, se non vinci sei un coglione. Si può dire? È così, è la verità, non è semplice.
Succede così: io vado a vedere una partita, a fine luglio, a Coverciano. Disoccupati contro una D che vuole arrivare ai playoff, toscana. I disoccupati camminavano, gli altri correvano, c’era un caldo terribile. Finisce 3-0 per i disoccupati. Ho capito che bisognava puntare sulla qualità, è quello che fa la differenza in categoria. Almeno questo è stato l’insegnamento.
In estate Dellafiore si è allenato con noi per qualche tempo, poi abbiamo preso Lancini, Crivello, più giovani. Abbiamo deciso di puntare su di loro anche per la futuribiltà, anche se Dellafiore aveva fatto bene. È ovvio che abbiamo costruito la squadra per la Serie C. Non possiamo nemmeno però pensare di smantellare ulteriormente l’organico, l’anno prossimo, cambiando 27 giocatori. Siamo contenti, c’è un impianto di livello. Qualcosa però bisognerà fare. Non penso molto, questa squadra non è così lontana da una B. Almeno come percezione, come qualità. Devi rimpinguare i reparti, mettere a posto un po’ di cose, lo fanno tutti. Juventus compresa.
Vincere è sempre difficile. Anche se ti chiami Palermo. Magari c’è il campo piccolo, come con la Palmese, e pareggi perché le distanze tecniche si annullano. La palla è sempre in aria, gli avversari, non riesci a mettere qualità. A Salerno e Cosenza l’ho vinta la Serie C, non è impossibile ma ne sale solamente una, poi ci sono i playoff. Ci sono squadre che spendono molti soldi: il Monza, la Reggina, il Benevento di qualche anno fa. Ci sono investimenti pazzeschi e non salgono tutte. Devi trovare equilibrio ed entusiasmo, non basta spendere per vincere. Servono giocatori nella testa. A Brescia abbiamo fatto cose straordinarie, la nostra squadra aveva poco meno di 21 anni di media. Abbiamo vinto con 4 gol contro il Cagliari, ci vuole fortuna. Per il Palermo abbiamo fatto un sacco di telefonate, tutti i giorni. Poi una cernita, era già agosto, non potevi scegliere. Devi andare su quelli rimasti, abbiamo avuto la fortuna, con Sagramola, di scegliere giocatori che avevano fatto la Serie B. la piazza li attraeva. Non dormivamo la notte. È stata l’esperienza più stressante da quando faccio questo lavoro. A Brescia, per dire, abbiamo avuto il tempo necessario per lavorare. Non avevi soldi, né nulla, ma il tempo sì. Abbiamo incominciato il 5 agosto, il campionato era l’1 settembre. Non puoi arrivare senza squadra, a Palermo non puoi abbozzare, devi vincere subito. A Brescia finiva il campionato, costruivi pian piano. Qui dovevi vincere la prima partita, fare risultato subito, senza conoscere la categoria.
Ora dobbiamo vincere. Poi vincere l’anno prossimo. Palermo ti impone questo, è la quinta città d’Italia. La società è seria e solida, l’impegno è difficile. Ma possiamo farcela. Il presidente costruirà presto il centro sportivo. Magari passerà un anno. Allenarsi a Carini, pur se coccolati, è un limite perché per fare le cose in grande serve il centro sportivo. Sarà una cosa veloce.
Non voglio regalare sviolinate, non ne ho bisogno, ma è grazie al presidente Mirri se portiamo 20mila spettatori ogni domenica in Serie D. È una persona straordinaria, un tifoso. Sagramola ha fatto otto anni qui, a grandissimi livelli. Sono persone serie. Poi i palermitani erano stanchi dell’altra società, c’è questo entusiasmo che la squadra ha contribuito a mantenere con dieci vittorie consecutive. Il calo successivo è stato fisiologico. Bisogna vivere il momento, cercare di fare risultato. I palermitani vogliono loro concittadini, questa è la chiave di questo entusiasmo. Vinci un campionato, ma poi devi vincere quello dopo. Il sogno è di fare come il Parma, lavorare per quello. Ce lo impone la città, con 20 mila spettatori, che possono diventare 30. È una responsabilità.
Riuscire a fare come l’Atalanta sarebbe fantastico. Si vive di sogno, non solo di stipendio. La nostra professione è quella di difendere il nostro lavoro. Se non avessi stimoli, a 63 anni, starei a casa con i nipotini e non a Palermo. Qui c’è uno stimolo, il lavoro non ti pesa, l’età, le distanze. C’è un mondo da scoprire. Questa è la quinta città d’Italia. A me ora non interessa la A, la B, la C. Sono in D, guardo queste squadre. Sognare è bello, ma viviamo il momento”.
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