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Il tempo del bastone e della carota: troppo presto per criticare, ma anche per mitigare

Palermo

Il calcio è uno sport in grado di appassionare milioni di tifosi soprattutto grazie alla sua capacità di coinvolgere più persone all’interno del dibattito sportivo.

All’interno di questo dibattito ogni appassionato può intervenire per dire la sua, ogni appassionato è libero di fischiare o applaudire, criticare o elogiare, osannare o mandare a quel paese un giocatore non particolarmente fortunato.

Il bello del calcio sta proprio in questo: il rapporto particolarmente fluido e mutevole che si crea fra il bastone e la carota, fra la critica aspra e l’elogio incondizionato, fra l’esagerazione in negativo e quella in positivo. Così dopo 10 giornate il Palermo era la squadra più forte di tutti i tempi in Serie D, e dopo altre 10 giornate è diventata la squadra che sarà destinata a deludere le aspettative e gli obiettivi stagionali.

La volubilità di ogni giudizio è lecita e non ci si deve mai fossilizzare su un argomento, intestardendosi sol perché si vuole portare avanti una tesi malconcia a tutti i costi. Ma se saper cambiare idea è legittimo, altrettanto dovrebbe esserlo la capacità di interrompere ogni giudizio in attesa di un verdetto sul quale poter basare successivamente le proprie idee.

Ad oggi il Palermo ha dato pochi verdetti sui quali poter basare un giudizio concreto e solido. Questa squadra, infatti, ha dimostrato di essere allo stesso tempo fragile e forte, esperta e inesperta, solida e friabile in base al contesto che si è ritrovata ad affrontare di volta in volta. Se si volesse trovare a tutti i costi una costante in questa squadra sarebbe la mutevolezza: spumeggiante in casa ma catenacciara in trasferta, caparbia nelle difficoltà ma incapace a reagire davanti un ostacolo.                                    Contro l’ACR Messina abbiamo visto il carattere del Palermo e la qualità di gioco che è in grado di esprimere collettivamente e coi singoli, per poi però vedere tutto l’opposto nel match contro l’Acireale.

Nelle ultime giornate abbiamo avuto prova della mutevolezza di questo Palermo, in grado di convincere ma anche di far storcere il naso di ogni tifoso: ci si alterna, dunque, tra il bastone e la carota, tra chi critica aspramente squadra, società e allenatore, e chi invece vede ancora qualcosa di buono in questo organico e crede che malgrado ogni difficoltà l’intero staff tecnico e dirigenziale sia in grado di uscire dalle sabbie mobili del dilettantismo calcistico.

In mezzo a queste due correnti la cosa più opportuna a questo punto sarebbe quella di sospendere ogni giudizio ed evitare di appesantire l’ambiente per i giocatori, per lo staff tecnico e per lo staff dirigenziale. Bisognerebbe ripartire da una sorta di “epoché”, una sospensione del giudizio tipica del mondo greco antico, per salvaguardare i nostri e i nostri obiettivi stagionali che sono ancora pienamente alla nostra portata. Sventolare la bandiere dell’ottimismo così come quella del pessimismo appare inappropriato in un momento cruciale della stagione calcistica palermitana.

Secondo un filosofo cinico del II secolo, Sesto Empirico, la «‘Sospensione del giudizi’ è un atteggiamento della mente per cui né rifiutiamo né accettiamo»: limitiamoci, dunque, a sostenere i nostri colori per un unico obiettivo. Il tempo dei giudizi arriverà e sarà ricco di voci, pareri e fatti concreti.