Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Nella sua consueta rubrica settimanale “Profumo di rosa”, Carlo Brandaleone si sofferma sulla figura di Maurizio Schillaci, cugino del più noto Totò che dilapidò il suo talento pure poichè vittima degli infortuni, della droga e anche di se stesso.
…la sua storia non fa più notizia e dopo tanti anni in strada ha trovato il suo equilibrio con una sedia, un’auto e un cane.
Schillaci oggi vive dentro una Panda col suo inseparabile cane Johnny, motivo per cui non può rivolgersi a dormitori pubblici che non accettano cani.
Vive di elemosina dietro il teatro Massimo ed in molti non sapranno quando danno qualche spicciolo che questo ragazzo che oggi compie 58 anni, è stato una grande promessa del calcio. La sua però, per sua stessa ammissione, è stata una brutta storia.
Gli inizi carriera al Palermo, poi Licata e Messina e la grande occasione alla Lazio. Finì la carriera alla Juve Stabia. Attaccante esterno, rapidissimo, dicevano essere più forte di Totò: non è vero, avevano ruoli diversi.
Il calcio? Ormai è un lontano ricordo. Ne parla spesso e senza gioia, quel mondo lo ha illuso e poi gli ha girato le spalle e racconta l’episodio di quel debutto in maglia rosanero, a vent’anni al Barbera contro la Lazio. Ultima gara del campionato, inutile ai fini della clasasifica. Schillaci va in gol segnando di ginocchio in mischia.
A fine gara, negli spogliatoi, una grande cazziata dei compagni più anziani che avevano scommesso sul risultato di parità.
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