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I lanci lunghi non sfondano le difese, ma le finestre: u tagghiamu ‘stu palluni?

Fin da quando siamo bambini giocando per strada abbiamo imparato a nostre spese quanto sia importante cercare di giocare palla a terra, perché affidandosi ai lanci lunghi spesso e volentieri si finiva col procurare danni materiali ai vicini sfortunati di turno.

Così, ogni qualvolta il pallone finiva nel posto sbagliato al momento sbagliato, riecheggiava la voce di chi indispettito dagli schiamazzi e dal “pericolo” provocato da noi bambini urlava “u tagghiamu ‘stu palluni?”.

Verrebbe da urlare proprio questo ogni volta che il Palermo inizia ad affidarsi a lanci lunghi anche laddove ha la possibilità di giocare palla a terra. È comprensibile affidarsi ad un gioco incentrato sul “palla lunga e pedalare” in campi al limite della giocabilità, dal momento che tentare un qualsiasi altro approccio significa tentare di scalare l’Everest con jeans e scarpe da tennis.

Ciò che non è più comprensibile, però, è continuare ad attuare questo tipo di stile di gioco anche dentro casa, laddove il Palermo ha un campo da Serie A, ed ha dimostrato di sapere giocare benissimo palla a terra, soprattutto nel corso delle prime giornate, dove col fraseggio tra centrocampo e attacco venivano ammattite le difese avversarie nel giro del primo quarto d’ora di gioco.

Il lancio lungo in questo modo non sfonda le difese avversarie, tuttalpiù rischia di sfondare qualche finestra: finché va tutto bene e si vince grazie a qualche episodio, le finestre resistono, e il pallone rimbalza su queste riuscendo fortunosamente a non provocare alcun danno. Laddove, però, non si riuscisse a vincere praticando questo tipo di gioco, sarebbero numerose le finestre a pezzi: prima tra queste vi sarebbe quella dei tifosi palermitani, che da tempo lamentano un gioco agonizzante della squadra allenata da Pergolizzi, che non riesce più a far esprimere la propria squadra con la stessa qualità delle prime giornate.

La seconda finestra che potrebbe rompersi è quella riguardante la minima distanza di sicurezza dal Savoia: non riuscire a rendersi pericolosi davanti, a meno che non ci siano singoli episodi nel corso di un match, vuol dire ridurre notevolmente le chance di vittoria. Se ciò accade, il Palermo si ritroverebbe sempre di più il fiato del Savoia sul proprio collo, pronto a superarlo qualora i passi falsi dovessero essere più di uno.

Se vincere è quello che conta, la vittoria te l’assicuri giocando a pallone con personalità e qualità, non semplicemente lanciando il pallone: dal bel gioco passano le vittorie, le vittorie col bel gioco regalano entusiasmo e sicurezza nei propri mezzi. Non si tratta soltanto di estetica calcistica, ma del modo in cui si approccia una gara: giocare per vincere vuol dire farlo con qualità, una qualità che al Palermo non manca e non deve aver paura d’esprimere, perché soltanto in questo modo può legittimare un primato in classifica senza troppi patemi d’animo.