Il centrocampista rosanero si confessa: “In Argentina ero un calciatore famoso, qui nel vostro Paese invece sono diventato il fratello di Josè che ha giocato in rossonero e a Parma”.
“Ad Agrigento ho trovato il mio rilancio ed è in quella città che ho sposato la mia fidanzata argentina”.
“Quando questa estate mi ha chiamato il Palermo ero nella Pampa a sei ore da Buenos Aires e sono partito l’indomani”.
La scheda – Juan Alberto Mauri, classe 1988, mezzala e regista rosanero, ha festeggiato 31 anni lo scorso 29 dicembre.
Arrivato dopo i primi giorni di ritiro a Petralia Sottana è riuscito a scendere in campo per la prima volta con il Palermo in Coppa Italia contro il Biancavilla. Poi si è ritagliato il suo spazio come vice di Martin, prima di diventare titolare nelle ultime partite, segnando un gol contro il Marsala.
Questo il titolo di Repubblica, oggi in edicola.
L’intervista di Valerio Tripi con il centrocampista rosanero che rimane sempre legato alla sua terra nonostante abbia costruito altrove la sua carriera calcistica.
Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista che potete trovare integralmente su Repubblica in edicola:
“Il pallone prima di tutto è passione, poi è diventato un lavoro perché è quello che dà da mangiare a me e alla mia famiglia. Diventare calciatore è sempre stato il mio sogno insieme a giocare in serie A e in nazionale. .. Stavo bene in Argentina, giocavo, volevo crescere ancora prima di partire. Ma il procuratore di mio fratello, Dino Zampacorta, voleva portarmi in Italia. E invece da un momento all’altro sono stato fatto fuori squadra nonostante avessi un triennale. Avevo una ventina d’anni e il morale sotto i tacchi. Ho iniziato a girare per l’Argentina, poi sono stato sei mesi in Spagna e alla fine sono arrivato in Italia diventando il fratello di mio fratello… Ho fatto solo una settimana a Milano, poi sono andato subito all’Akragas. Non parlavo l’italiano e mi sentivo smarrito. A Milanello ho fatto amicizia con Vergara, un difensore colombiano che mi ha fatto sentire meno straniero. Ad Agrigento invece c’erano due argentini e un uruguaiano ed è stato tutto più facile… tutto sommato è andata bene, visto che ho la residenza lì e mi ci sono anche sposato con Camila, una ragazza argentina che viene dalla mia stessa città, Realicò. Sono quasi agrigentino… Nel Palermo in molti beviamo mate, pure il nostro team manager Andrea Siracusa che ormai è diventato quasi più argentino di me. Mi manca casa, la mia famiglia. I miei nonni sono molto legati ai miei figli. Ci sono le videochiamate, è vero, ma non è la stessa cosa. Mio nonno non riesce a guardare mio figlio perché si mette a piangere…”
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