L’ex bomber sarà il rappresentante dei tifosi in seno al club: “È un incarico che mi riempie di orgoglio speriamo di esserne all’altezza. Mi metto a disposizione di tutti per il bene del Palermo”.
“Il calcio dei miei tempi era più bello di quello di oggi. Era più familiare e i giocatori avevano voglia di scendere in campo per la maglia”.
“In Mirri riconosco il gene Barbera . Lo zio era tifoso come lo è lui . Mi ha detto che ha pianto quando mi hanno venduto”.
La scheda – Vito Chimenti, classe 1953, è nato a Bari e ha indossato la maglia del Palermo per due stagioni dal 1977 al 1979. In due campionati ha realizzato 29 gol in 74 partite centrando un sesto e un settimo posto. Ha sfiorato la vittoria in Coppa Italia nella finale del 1979 portando in vantaggio il Palermo con un gol a Zoff che resta nella memoria dei tifosi rosanero. A fine stagione viene ceduto al Catanzaro.
Questo il titolo di Repubblica, oggi in edicola.
L’intervista di Valerio Tripi con Vito Chimenti che torna in “campo” a 41 anni di distanza, se si esclude la festa di quest’estate al Barbera.
Scrive Tripi: “Vito Chimenti rappresenterà i tifosi che si sono impegnati nell’azionariato popolare nella consulta d’indirizzo del club, insieme all’ex presidente del tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, in rappresentanza del Comune, e all’avvocato Santi Magazzù per la nuova società”.
Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista che potete trovare integralmente su Repubblica in edicola:
“È un incarico che mi riempie di orgoglio … una città che mi ha dato tante soddisfazioni e mi ha permesso di raggiungere traguardi importanti da giocatore. Palermo e il Palermo sono rimasti dentro di me … Forse potevo fare di più nel Palermo, ma per problemi societari sono dovuto andare via. Il presidente Barbera rischiava grosso economicamente se non fosse riuscito a vendermi… Erminio Favalli è stata una persona importante per il Palermo, oltre a essere un giocatore e un capitano era tutto per il Palermo. È vero, lo faceva, anticipava gli stipendi.
Cabrini? In altre partite ho preso calci, ma non così da essere costretto a lasciare il campo. Mi ha preso nel mio punto debole e non sono più riuscito a giocare… Quando una squadra fa 20 mila spettatori e ha più spettatori di un club di A non può partecipare a campionati dilettantistici .. Da giocatore era bello dopo l’allenamento o dopo la partita andare in città, incontrare i tifosi..”
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