Ventitré anni nel Palermo da Lagumina a Mirri passando per Ferrara D’Antoni e Zamparini. Il responsabile del settore giovanile racconta la sua storia nel club.
Questa estate abbiamo ricostruito il nostro vivaio partendo da zero vedendo 1.200 ragazzini in un mese.
Vedo campioni come Sirigu e Liverani che sono cresciuti con noi e adesso sono affermati e penso che un po’ di merito è anche mio.
La scheda – Rosario Argento, responsabile del settore giovanile del Palermo, dice di sé che lavora per volontariato: il suo incarico nella società è a titolo gratuito, come quello di parte dei venticinque componenti dello staff delle cinque squadre dei baby rosa.
Nella vita Argento fa il manager nel settore automobilistico. Nel Palermo in 23 anni di carriera ha vinto uno scudetto Berretti, uno Primavera e un “Costa Gaia”.
Questo il titolo di Repubblica, oggi in edicola.
Cambiano le società, gli allenatori e i giocatori, ma Rosario Argento è sempre lì, nella sala di controllo del settore giovanile del Palermo.
Inizia così l’intervista di Valerio Tripi con il responsabile del settore giovanile Rosario Argento di cui vi riportiamo qualche passaggio:
“Arrivai la prima volta nel 1990 e rimasi fino al ‘96: entrai con Franco Peccenini. Il presidente era Salvino Lagumina e l’idea della società era quella di creare una scuola calcio. Per farla servivano tecnici qualificati e io all’epoca ero fra i pochi ad avere i tesserini Uefa. Poi nel ‘96 andai via…C’erano difficoltà economiche. La società vendette Giacomo Tedesco e Giorgio Lucenti per iscriversi al campionato. … La seconda volta quando arrivò Sensi. Mi chiamò D’Antoni che era stato il mio presidente al Calcio Sicilia. Perinetti mi affidò la ricostruzione del settore giovanile, era il 2000 e il nostro primo successo fu lo scudetto Berretti con Rinaudo, Ciaramitaro, Di Vincenzo, Perna: un’altra gran bella squadra. Con l’arrivo di Zamparini, che ci confermò tutti, seguimmo un percorso con programmazione e buone possibilità economiche… Lucchesi voleva che rientrassi, Perinetti pensava a me, ma avevo già fatto un percorso con Mirri e Sagramola per creare una seconda squadra: volevamo rilevare il Cus, creare una base forte con il settore giovanile e partire dall’Eccellenza. Poi di colpo ci siamo ritrovati di nuovo in rosanero. Il 7 agosto non avevamo giocatori: ma con l’entusiasmo contagioso di Mirri ci siamo sbracciati e siamo ripartiti.
In tutte queste storie che ho raccontato, Franco Marchione è stato sempre presente. Lui con il suo vocione. Te lo ritrovavi sempre per qualunque cosa ed era un punto di riferimento per i giocatori. Era tifosissimo. Gli diedi l’incarico di responsabile dei raccattapalle perché voleva stare dietro la porta degli avversari per abbracciare per primo i giocatori che facevano gol…”
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