Palermo-Nola 4 a 0. Un verdetto chiaro e tondo, una sentenza inoppugnabile. La capolista, ieri una macchina perfetta, ha dominato in lungo e in largo un Nola estremamente remissivo. Non esistono mezzi termini per descrivere la prestazione di entrambe le squadre: straordinario il Palermo, decisamente imbarazzante il Nola.
Compatto, aggressivo, solido, veloce, fluido e tanto altro ancora: tutti positivi gli attributi del Palermo versione Nola, tutti meritati. La squadra di Pergolizzi ha imposto il proprio credo, senza rinunciare alla verticalità e al palleggio. Tante volte si era detto di un Palermo concreto e cinico, ma ben poco brillante nella costruzione del gioco; ieri, si è visto invece un Palermo estremamente attivo in fase di produzione e paradossalmente più impreciso del solito sotto porta. Soltanto i palloni sparati alto da Langella e i miracoli di portier Capasso nel secondo tempo hanno permesso di non arrotondare il punteggio ad un più giusto sei o sette a zero.
Ma i novantatré minuti della compagine campana, tutti trascorsi a passeggiare per il prato del Barbera, rendono perfino complicato elogiare il Palermo. L’undici di mister Esposito ha dato fin da subito l’impressione che nulla di buono avrebbe potuto combinare contro il Palermo: una squadra lenta, mai incisiva, mai aggressiva e peggio ancora distratta. Mister Esposito, che tanto bene ha parlato del Palermo, non avrebbe dovuto difendere la sua squadra, parlando di “alibi e attenuanti”. Prestazioni del genere non hanno giustificazioni, neppure quella dei tanti giovani in campo, giovani che a dire il vero hanno tutte le squadre di D come da regolamento.
Provinciale, se non perfino ridicola, la risposta sulla scelta di operare tre cambi ad inizio secondo tempo: “Avessi potuto ne avrei fatti nove, per dare a tutti la possibilità di giocare su questo campo“. Nove cambi? Di che sport stiamo parlando? Dichiarazioni simili lasciano dubitare della professionalità di una società, venuta ieri più per godersi un pomeriggio di sole che per disputare un incontro di calcio. Più che “in ciabatte”, il Nola di ieri era scalzo, inerme, poverissimo.
Qualcuno ricordi pure ad Acampora, ad esempio, che non deve avere per forza l’avversario davanti a sé per subire un contrasto, che il pallone può lasciarselo scippare anche da dietro: un semplice e innocuo suggerimento, dal momento che il centrocampista classe ’89, non un ragazzino, ha perso ieri un’infinità di palloni, tutti allo stesso modo, tutti sanguinosi poiché generavano contropiedi limpidissimi per il Palermo ultra-veloce e spigliato di ieri.
In azione di ripartenza del Palermo, che con Floriano, Felici e Langella andava a mille all’ora, il Nola camminava per intenderci più velocemente di un’anziana alla cassa, ma comunque meno di un ragazzo che deve prendere l’ultima corsa per tornare al paese. Qualcosa di francamente allucinante. Di passaggi mal calibrati se ne saranno invece contate decine su decine, anche dei più elementari terminati mestamente sul fondo.
L’unica scusante ammissibile potrebbe essere quella di un calo fisiologico dopo un buon filotto di vittorie e risultati utili. Ma neanche. Mister Esposito non dica che “avrebbe voluto giocarsela”, “che perdere uno o quattro a zero è la stessa cosa” (perché non è la stessa cosa se giochi così), “che non voleva chiudersi dietro”. Non lo dica, perché la sua squadra non intendeva giocarsela a viso aperto come ha tentato di far credere nel post-partita; semplicemente non è scesa in campo.
Riguardo al Palermo, questi novanta minuti di bellezza hanno dato luce alle palpebre di 14 mila palermitani e più, che hanno finalmente assaporato verticalizzazioni, uno-due, cambi di gioco, in una parola calcio. Ora la prova del 9, che per inciso non sono i cambi che avrebbe voluto il mister: saprà il Palermo fare lo stesso contro una squadra che corre?
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