di Benvenuto Caminiti
Grazie, Roberto per avere “approfittato” della mia assenza allo Stadio per sfoderare la tua miglior prestazione da quando vesti la maglia rosanero: evidentemente hai voluto replicare con i fatti alle mie critiche dei giorni scorsi.
Mi hai messo all’angolo ed è stato bellissimo perché io, prima che un giornalista, sono un tifoso, uno di quelli viscerali, che non sa essere sportivo ma ride o piange come riflesso ad una vittoria o ad una sconfitta della squadra del cuore.
Chi mi conosce sa che per mancare ad una partita del Palermo – che seguo da settant’anni – ci dev’essere un motivo non grave ma gravissimo, ed è stato così anche ieri: sabato, all’alba, è venuto a mancare l’ultimo dei miei sei fratelli, così che, della mia grande famiglia composta da nove unità (padre, madre e sette fratelli) sono rimasto solo io, e la cosa mi sgomenta come fossi non un superstite ma un… usurpatore).
Si chiamava Riccardo ed aveva solo due anni più di me. Eravamo cresciuti insieme, stesse partite di pallone per strada, stessi litigi fra fratelli quasi coetanei.
Non ne ho quasi mai parlato nei miei post su Facebook e, in genere, neanche, se non di sfuggita, nei miei libri, perché eravamo diversi, come due poli opposti che, però, non si attraevano ma si respingevano: capita, più di quel che si pensi, che fra due fratelli ci sia un abisso incolmabile. Anzi, per esperienza vissuta, sono in grado di affermare che nessuno può essere diverso da un altro come lo sono, sovente, due fratelli: basti pensare a Caino e Abele.
Mio fratello se n’è volato in Cielo – anche se Lui non ci credeva, a queste cose – all’alba di sabato e mi ha lasciato solo – inerme e pavido come sono per natura – a “rappresentare” quella che una volta era la “GRANDE FAMIGLIA CAMINITI”, mi sono scoperto legato a Lui come non immaginavo nemmeno, perché due fratelli, per quanto così diversi da comportarsi per tutta la loro vita come due perfetti sconosciuti, sono e restano fratelli. Per la vita e oltre.
Così, da sabato mattina me ne sto chiuso nel mio guscio di dolore, rimpianti e rimorsi e non voglio vedere e sentire niente e nessuno. Non sono andato allo Stadio, come capitato in altre rarissime occasioni di grave impedimento, solo che stavolta la partita, e tutto il mondo che lo circonda non c’era più, si era come dissolto.
Sentivo un grumo in gola e come una mano, grande mano, sul petto, che premeva fino a farmi male… Ora piango e me ne libero, mi dicevo…
Ma non ho versato una sola lacrima, non ci riesco e penso che questa sia la punizione per non averlo capito, mio fratello come meritava.
Poi alle tre del pomeriggio, dopo il pranzo della domenica, stavolta finto, mi sono gettato sul letto, sfinito come dopo una lunga corsa: cercavo una tregua nel sonno, che non è venuto a trovarmi, se n’è guardato bene; troppi pensieri molesti, troppe domande senza risposta…
Nel pomeriggio Cettina, mia moglie, ha spalancato la porta, dietro la quale mi ero quasi barricato e, col suo sorriso migliore, mi ha detto: “Benni, se dormi, svegliati!… Il Palermo ha vinto quattro a zero!”, e, così dicendo si è chinata su di me e mi ha dato una “scotolata” sulla testa
“Hai sentito? Il Palermo ha vinto quattro a zero!”.
Un po’ intontito, mi sono tirato su e l’ho guardata con lo stupore di chi vede e ascolta un angelo e la sua luce abbagliante. Mi sono strofinato gli occhi e ho chiesto, banalmente chiesto: “Ah, sì e chi ha segnato?”
“Tre gol quello che ti aveva fatto tanto arrabbiare, non mi ricordo il nome!”.
“ Floriano? Vuoi dire che Floriano ha fatto tre gol?”
“Sì, lui, Floriano!”.
Forse qualcuno stenterà a crederci ma l’istante dopo quell’annuncio di vittoria e di gol rosanero, il grumo in gola non c’era più e quella mano pesante sul petto era diventata la carezza di una piuma… Mi sono alzato di scatto e ho acceso la tv, in cerca di conferma e la tv me l’ha subito data: “Palermo-Nola: 4-0”.
Ho cercato Mediagol e TifosiPalermo e ho letto dei tre gol di Floriano e mi son detto: “Ora mi tocca scusarmi con lui!”.
E lo sto facendo, sperando che non me ne voglia se sono stato così precipitoso e severo ma lui sa bene – o almeno se l’immagina – che pazienza e misura non sono virtù tipiche di un tifoso, che soffre troppo una sconfitta ma è pronto a cospargersi il capo di cenere in mille scuse, dopo una vittoria.
Avevo criticato aspramente Floriano sia sulla mia pagina Facebook che in un mio articolo su TifosiPalermo, ne avevo perfino parlato con un suo carismatico compagno di squadra ma il mio era solo lo sfogo di un tifoso che soffre perché la sua squadra non carbura e, nella fattispecie, perché un suo giocatore importante non si conferma tale.
E, dopo la sua tripletta di ieri, mi piace pensare che il compagno gli abbia riferito qualcosa della mia “collera” nei suoi confronti e – chissà? – lo abbia spronato a dare il meglio di sé per farmi rimangiare le mie critiche e dissipare i miei dubbi.
E, quindi, sento il bisogno di chiedere scusa a Roberto, sicuro come sono che (com’era nelle previsioni quando Castagnini e Sagramola, nel mercato di gennaio lo hanno scelto per colmare il vuoto lasciato da capitan Santana) da oggi in poi, lui sarà la nostra punta di diamante, quello con la classica marcia in più necessaria per tenere a debita distanza fino al 3 maggio un avversario rognoso come il Savoia.
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