In questo momento di emergenza sono sicuramente i punti di riferimento del Palermo Calcio, Roberto Matracia e Giuseppe Puleo, i capitani dello staff medico della squadra rosanero.
A loro si rivolgono i giocatori per fugare ogni dubbio e curiosità sul tema coronavirus, e per avere un punto di riferimento valido in un momento di crisi ed incertezza.
Così afferma Roberto Matracia in un’intervista a Repubblica: “Si informano, fanno domande precise e i più giovani si lasciano guidare dai più esperti. Anche se siamo in serie D abbiamo a che fare con veri professionisti”.
Il punto iniziale è stato quello di informare tutti: “Abbiamo spiegato ai ragazzi di evitare luoghi di ritrovo- continua Matracia- . L’assembramento è il pericolo maggiore. Li facciamo cambiare in due spogliatoi diversi e fra un posto e l’altro curiamo di mantenere una distanza di sicurezza. Ognuno ha la sua bottiglietta numerata con il proprio numero di maglia“.
Dal punto di vista tecnico, il lavoro non è cambiato. Ma in uno sport come il calcio è impossibile limitare i contatti, per questo la prevenzione va fatta fuori dal campo.
Così Matracia: “Teniamo sotto controllo le temperature di ognuno. Siamo attenti, ma senza creare allarmismo. Del resto, se un giocatore ha la febbre ed ha seguito tutte le prescrizioni è chiaro che dobbiamo capire il perché ce l’ha, ma sarà una normale febbre e non un’influenza da coronavirus“.
In merito alle prescrizioni sanitarie che i giocatori devono adottare afferma: “Avere a che fare con degli atleti è semplice, sono persone che si fanno la doccia almeno due volte al giorno. Lavoriamo allo stadio perché lì c’è un’igiene migliore rispetto alle altre soluzioni che avremmo potuto adottare. I giocatori ascoltano e sono consapevoli di quello che sta succedendo. Vivono il problema, e non se ne fregano. Mi chiedono com’è la situazione in ospedale e si interessano, non pensano solo al calcio, ai rinvii delle partite, ma vivono la vita quotidiana come tutti”.
E ricordando che anche loro sono umani come noi e soffrono la distanza dalle famiglie.
“Per loro – sottolinea il medico sociale rosanero – è un dolore non raggiungere le famiglie e
non farsi raggiungere dai parenti. Non c’è paura, ma consapevolezza. Ci sono i giocatori più grandi che spiegano ai ragazzi come comportarsi: Martin, Santana, Crivello, Sforzini solo per citarne alcuni raccomandano ai più giovani di curare i comportamenti perché hanno tutti figli e famiglie ed è importante non solo per la squadra, ma per tutta la comunità. E tutti si impegnano“.
Questo del coronavirus è ormai un pensiero fisso, ed è difficile concentrarsi sul lavoro del campo e se il presente viene vissuto in questo modo, il futuro è il vero punto interrogativo.
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