Giuseppe Sannino, tra i ricordi della sua esperienza a Palermo e la sua attuale carriera in Ungheria. Abbiamo raggiunto in esclusiva il Mister di origine campane, chiedendogli di quanto recentemente accaduto in Ungheria per i controlli sul Coronavirus, e sugli sviluppi che questo sta avendo nella vita di tutti i giorni fuori dall’Italia.
Cos’è accaduto in Ungheria? Come mai era stato “sospeso”?
“Ho fatto una profilassi che vale per tutti. Io sono stato uno dei primi, sono arrivato dall’Italia circa 20 giorni fa, quando non c’era ancora questo gran caos. Quando arrivi in aeroporto misurano la febbre, come fanno con tutti quelli che arrivano dall’Italia e normalmente sono turisti. Il club allora, vista la presenza anche delle accademie giovanili e di tutto lo staff tecnico delle giovanili e non solo, per prevenire dato che io venivo dall’Italia mi hanno detto di stare a casa per 15 giorni, per farmi il tampone dopo questi giorni. Sono rientrato martedì, questa settimana, dopo aver fatto un tampone che è risultato negativo. Anche qui adesso si inizia a sentire un po’ l’allarme, però non c’è ancora la paura che c’è in Italia: la gente in giro c’è, i negozi sono aperti, eccezion fatta per teatri, cinema, terme. Però per adesso non c’è un allarme ampio come in Italia”.
Ieri l’Honved ha vinto in Coppa d’Ungheria, raggiungendo la semifinale. Come giudica l’esperienza in Ungheria?
“Non sono stato in panchina nelle ultime tre partite, due di campionato e una di coppa, non potevo andare allo stadio e al centro di allenamento. Finora in Ungheria molto bene, siamo in semifinale di Coppa, siamo quinti in campionato, per me è un ottimo percorso. Non è ancora finito e speriamo di farlo diventare ancora meglio. Sono in una bellissima città, tutti stadi nuovi, centri sportivi all’avanguardia con tanta voglia di crescere”.
Magari questa esperienza positiva in Ungheria potrebbe servire come nuovo trampolino di lancio per un ritorno in Italia…
“Ho 63 anni, tutti dicono “largo ai giovani”, e sebbene io mi senta giovanissimo, la mia voglia è quella di restare all’estero, finire di allenare all’estero. Mi piace mettermi in discussione, mi piace conoscere altri usi e costumi, un’altra mentalità. Qua ho imparato delle cose e ho insegnato delle cose, e vorrei davvero continuare fuori l’Italia”.
Parlando allora dell’Italia solo come “passato”, che ricordi ha dell’esperienza a Palermo?
“Palermo è stata una bellissima esperienza, a parte il periodo iniziale. Sappiamo bene Zamparini com’è, anche se io gli devo molto. Palermo è una città straordinaria, il palermitano è una bellissima persona, mi sono sentito davvero importante lì, soprattutto quando sono tornato. Quello stesso anno è passato da Palermo anche Gasperini, e ora tutti parlano di lui a livello mondiale, perché l’Atalanta è una realtà incredibile. Ho avuto la fortuna di poter vivere un’annata inizialmente così così, ma alla fine è stato l’anno in cui io ho avuto più richieste di tutta la mia carriera in Serie A. Ho rinunciato ad un altro anno di contratto a Palermo perché sarei stato in discussione già un mese dopo, ma Palermo mi è rimasta nel cuore per quello che mi ha dato nelle ultime 11 giornate che sono tornato. Quando siamo retrocessi l’ultima giornata c’erano 40.000 persone allo stadio. Il ricordo più bello resta quando, per l’ultima partita, i tifosi ci hanno accompagnato da fuori il pullman fino all’albergo, un tifo eccezionale“.
Poco fa parlava di Gasperini e del suo incrocio sulla panchina del Palermo. Con Gasperini, in quello stesso anno, ha allenato un giocatore che quest’anno sta facendo parlare parecchio di sé: Josip Ilicic…
“Ilicic è un giocatore di qualità tecniche straordinarie, la chiave è farlo sentire un giocatore importante per l’allenatore. Quando lui sa che è importante per la squadra e l’allenatore, dà qualcosa in più; adesso è anche cambiato un po’, si sacrifica un po’ di più, è un giocatore completo. Non è facile fare quattro gol in Champions League, già questo record parla da solo”.
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