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Che futuro si prospetta per l’Unione Europea?

di Andrea Mangiapane

Nella vicenda relativa al coronavirus ciò che ha lasciato perplessi è stato il silenzio assordante dell’Europa. Il virus si diffonde, l’Italia soffre sempre di più e, proprio nei momenti in cui ne ha maggiore bisogno, non può contare sull’Europa. Questa sta dimostrando di non esserci perché non agisce come un’orchestra sinfonica ma ogni singolo paese che ne fa parte agisce per conto proprio.

Come si può chiedere ai cittadini europei e ancora di più a quelli italiani di credere nell’Europa e mostrare il senso di appartenenza europea, quando in un momento del genere proprio quell’Europa non è in grado di parlare a tutti i cittadini?

Durante le prime settimane non si è ricevuto alcun un messaggio di sostegno da parte dei Capi di Stato Europei, del presidente della commissione. Per non parlare dei leader politici. Nulla!

Improvvisamente, l’11 Marzo, Ursula Von der Leyen, presidente della commissione europea, ha dato un segnale di vita, risvegliando l’intera Commissione europea da questo torpore burocratico. Il messaggio sincero e accorato che ha diffuso ha come unico scopo quello di far sentire a tutti gli italiani la vicinanza della comunità europea, proprio quella vicinanza che era venuta a mancare nei primi giorni.

“L’Europa è una grande famiglia. Sappiate che questa famiglia, la vostra famiglia, non vi lascerà da soli”.

L’Unione Europea, successivamente al messaggio di Ursula Von der Leyen, ha stanziato un fondo da 25 miliardi per affrontare l’emergenza e sta autorizzando l’aumento della flessibilità del Patto di stabilità, consentendo in concreto all’Italia di stanziare fondi a debito per affrontare l’emergenza.

Per quanto concerne, invece, i nostri ”coinquilini”, Maurizio Massari, ambasciatore italiano a Bruxelles, in un suo articolo pubblicato su politico.eu dal titolo “Italian ambassador to the EU: Italy needs Europe’s help”, rammenta che l’Italia ha chiesto che venisse attivato il meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea per la fornitura di attrezzature mediche per la protezione individuale. Sfortunatamente, però, non un solo paese dell’UE ha risposto all’appello della Commissione. Solo la Cina ha risposto bilateralmente, il che le fa onore, ma è assolutamente umiliante per i valori della nostra Unione. Questo, certamente, non è un buon segno di solidarietà europea.

Pur tuttavia dovremmo stare attenti nel mostrare troppa gratitudine nei confronti della Cina perché non dobbiamo dimenticare che questo disgraziato virus nasce proprio lì. Pertanto, il fatto che la Cina ci stia fornendo materiale sanitario e abbia inviato un’equipe di medici in nostro soccorso, non dico ci fosse dovuto ma è il minimo che potesse fare.

In particolare, facendo una più attenta analisi si può capire come la Cina possa avere due principali motivi per riparare ai suoi danni: ripristinare l’import/export da quasi 15 miliardi che la lega al nostro paese e passare alla storia non più come untori del mondo intero, bensì come i salvatori dello stesso.

Spostandosi, invece, sul fronte della Banca Centrale Europea, non più presieduta dall’italiano Mario Draghi, non si può che restare con l’amaro in bocca. La neopresidente Christine Lagarde ha riferito che verranno stanziati 120 miliardi da attribuire al quantitative easing e che non verranno fatti tagli ai tassi d’interesse.

La vicenda non finisce però qui perché Christine Lagarde ha anche tenuto a precisare che se l’Italia dovesse andare in default, la BCE non sarà responsabile e che lo spread non è una sua competenza. Il tutto nella seguente frase: “We are not here to close spreads, there are other tools and other actors to deal with these issues”. 

Un’espressione del tutto improvvida e infelice, quella del presidente della BCE che ha in sostanza rimosso lo scudo monetario sulla tenuta del debito, esponendo la terza economia dell’eurozona ad un attacco speculativo nella sua ora più buia. 

Una figura di tale calibro come può essere quella del governatore di una banca centrale continentale non può certamente permettersi di fare di queste affermazioni in pubblico, altrimenti le conseguenze non possono essere altre se non quelle a cui abbiamo assistito nella giornata di Giovedì 12 Marzo, in cui si è registrato un crollo del FTSE MIB del 16,9%, il peggiore risultato mai riscontrato nella storia.

Altre conseguenze all’affermazione di Christine Lagarde probabilmente si vedranno anche sul fronte europeo dal momento che Il Pd ha annunciato un’interrogazione parlamentare: “Riteniamo che la Consob debba verificare se esistano le condizioni per una ispezione su eventuali atti speculativi legati alla giornata borsistica di ieri in connessione con le dichiarazioni rese ieri”.

Ciò non toglie che quello di indirizzare il mercato attraverso le proprie parole sia un duro lavoro, Draghi ne era diventato un esperto e Lagarde ha sicuramente ancora molto da imparare.

Nella giornata di Venerdì 13 Marzo Piazza Affari cambia però umore e registro. Questo è dovuto sia al fatto che la Consob abbia vietato la vendita allo scoperto ma soprattutto alla correzione del tiro da parte della BCE.

La genesi di questa rettifica è italiana ed è interessante capirne le dinamiche.

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, giovedì, dopo aver lasciato la riunione in videoconferenza con le opposizioni sul decreto che contiene le misure economiche contro il coronavirus, si è collegato con l’Eurotower, mostrandosi parecchio severo nel comunicare la necessità di una rettifica alle parole di Christine Lagarde, intimando un attacco pubblico e spiegando che quelle parole mandano i mercati in subbuglio. Poco dopo arriva quindi la rettifica di Lagarde.

Il messaggio di Mattarella chiude il cerchio: “L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione”.

Pur tuttavia, l’Italia, è passata in pochi giorni da essere il paese untore e diffusore del virus a esserne modello di virtuosità. Questo è dovuto principalmente al modo in cui stiamo affrontando il contagio, ovvero con modalità pressoché simili a quelle cinesi seppur mantenendo i nostri valori di libertà, trasparenza e democrazia.

L’Italia nel giro di pochi giorni si è trasformata in una comunità disciplinata, pronta a farsi carico di un grande sacrificio per il bene collettivo. Un bene collettivo che non si ferma ai confini nazionali ma si riverbera anche su quelli europei dal momento che tutto quello che gli altri paesi dovranno fare sarà imitarci, imitare i nostri sacrifici per fermare la diffusione del coronavirus.

Non appena finirà lo stato di emergenza l’Europa dovrà fare i conti con tutto ciò e lì credo ci saranno serie difficoltà per ripartire con l’idea di Europa ma adesso non pensiamoci, piuttosto concentriamoci nel superare questo momento di difficoltà con serietà e orgoglio. 

Andrea Mangiapane è dottore in Economia e Management. Attuale specializzando in ”Corporate finance” presso la ”Luiss Business School” di Roma.