Il racconto di Dario Massara, telecronista di Sky.
“Sulla credenza ho i fogli della telecronaca che dovevo fare, sono lo specchio del momento.
Il calcio mi manca ma ora mi invento un gioco al giorno per far distrarre una bimba di 7 anni”.
Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Conosco Dario Massara da quando poco più che adolescente collaborava con qualche redazione locale prima del grande salto a Milano.
L’ho avuto ospite tante volte nelle mie trasmissioni tv, negli anni d’oro dell’era zampariniana.
Ne ho sempre apprezzato l’equilibrio, la competenza, la capacità di analisi oltre lo scontato, la sua dizione pulita e chiara.
Mi fa piacere riportare alcuni passaggi della sua lettera pubblicata sul Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Lettera che arriva da Milano, dove Dario vive e lavora. Da quella Milano che è diventata un simbolo di questa emergenza che sta coinvolgendo tutti, da nord a sud, seppur finora con numeri assolutamente diversi. Milano come Bergamo, la città dove Dario Massara dove andare per commentare una gara, Atalanta-Sassuolo che è rimasta soltanto nei suoi fogli ed appunti preparati da grande professionista.(Carlo Cangemi)
Vi riportiamo solo alcuni passaggi della sua lettera che potete trovare in maniera integrale sul giornale in edicola (visto che sono fra le poche attività ancora aperte!).
“Ci tenevo a commentare quella partita, l’Atalanta è la squadra del momento, poi Gasperini contro De Zerbi sarebbe stato spettacolo assicurato.
Quei fogli lasciati lì sono lo specchio del momento che stiamo vivendo. Bloccati, freezati, fermi ad un mese fa… ho lasciato Palermo per inseguire il sogno di una vita: diventare un telecronista. La città la conosco abbastanza bene, ma in questo periodo fatico a riconoscerla. È nascosta, non
pulsa come è abituata a fare. Non riesce ad offrire quello a cui tutti ci siamo abituati: possibilità. Di qualsiasi genere. È chiusa.
Milano, con Bergamo e Brescia, è stata scelta dal virus come una delle zone preferite per mettere radici e seminare dolore. Non ci resta che resistere e aspettare. E combattere. Come? Per esempio inventandosi un gioco al giorno per far distrarre una bimba di 7 anni che ogni tanto si fa
prendere da qualche momento di sconforto. Non va a scuola da settimane, non vede i suoi compagni e i suoi amici se non grazie a qualche
videochiamata, ormai non va più nemmeno al parco sotto casa. Ha bisogno di qualche abbraccio in più per essere confortata da una situazione che ormai capisce ma non giustifica. Soprattutto da quando le ha fatto saltare la festa del compleanno…
Andrà tutto bene. A sentirla nei film americani sembrava la solita, scontata, frase di incoraggiamento. Adesso invece è un grido di speranza.
Perché sì, andrà tutto bene. Resta solo da stabilire quando”.
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