Il Capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, in un’intervista a Repubblica, precisa come la tempestività sia fondamentale in situazioni di questo tipo e il Governo sembra avere risposto bene sin dall’inizio: “Il 31 gennaio questo governo ha dichiarato lo stato di emergenza e bloccato i voli da e per la Cina, mi sembra che abbiamo compreso subito che questa epidemia era una cosa seria”.
Se sia pentito o meno di non aver chiuso tutto subito Borrelli risponde così:
“Come insegnano i protocolli di Protezione civile, l’intervento deve essere sempre proporzionato al rischio”.
“Il numero dei casi lombardi – spiega pure – è stato subito soverchiante, i medici si sono buttati nella cura e non hanno avuto più tempo di fare indagini. Fin dall’inizio, va detto, ci sono stati comportamenti pubblici che hanno alimentato il problema nazionale“.
Ad esempio, dice Borrelli, “la comitiva del Lodigiano che il 23 febbraio è andata a Ischia portando il contagio sull’isola. E i primi positivi a Palermo, con i 29 bergamaschi in vacanza in Sicilia. Con un virus così rapido, gli atteggiamenti sociali sono stati decisivi”.
Il capo della Protezione Civile parla poi dell’incertezza circa i numeri dei contagiati reali: “I contagiati ufficiali a ieri sera erano 63 mila – riferisce quindi -. Ma il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile“.
Quanto al problema più grave in questo momento, Borrelli riflette che “si dovrebbero poter comprare i ventilatori da terapia intensiva nei supermercati e le mascherine ad ogni angolo, e invece stiamo faticando”. E sollecita la partenza “prima possibile” di una produzione nazionale: su certi beni così importanti, dice, si deve cambiare traiettoria, fare scorte, reinsediare filiere sul territorio. E poi l’invito a tornare a rafforzare la struttura della Protezione civile.
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