La nuova speranza per combattere il coronavirus arriva dall’università di Pittsburgh , lo stesso gruppo che ha messo a punto il vaccino per la Sars.
E’ stato infatti sperimentata, secondo quanto riporta Repubblica,una piccola puntura – anzi, 400 micro-punture erogate da sottilissimi aghetti disposti su un cerotto largo 1,5 centimetri – sul braccio o sulla spalla, e l’immunità al virus SARS-CoV-2 può svilupparsi entro due settimane, per raggiungere entro altre 3-4 settimane un livello di anticorpi sufficiente a contrastare in modo decisivo il virus.
Tra i ricercatori anche l’italiano Andrea Gambotto. Nel 2003 la SARS si eclissò da sola e il brillante lavoro del gruppo non poté essere testato, adesso invece le cose sono assolutamente cambiate e il loro contributo potrebbe essere indispensabile.
“Con la SARS già nel 2003 avevamo identificato la proteina chiave che dobbiamo usare come target anche per il nuovo SARS-Cov-2: la proteina “spike”, ovvero quella che forma le punte di cui è composta la corona del virione e che serve al virus per entrare nelle cellule legandosi ai loro recettori. La proteina “spike” è una specie di chiave che il virus usa per entrare nelle cellule: se blocchi quella chiave, puoi fermare il virus”, spiega Gambotto.
“Il successivo lavoro sulla MERS ci ha permesso poi di trovare la via più efficace per somministrare il vaccino, ovvero i microaghi”. I 400 microaghi sono lunghi 0,5 millimetri e larghi 0,1 millimetri, sono fatti di carbossimetilcellulosa (polimero derivato dalla cellulosa) e quando entrano nella pelle si sciolgono liberando la proteina “spike”. “A questo punto il sistema immunitario si rende conto che è un corpo estraneo al nostro organismo e inizia a produrre gli anticorpi contro di essa – spiega Gambotto – quando poi la persona vaccinata viene infettata dal virus, gli anticorpi ingloberanno rapidamente le particelle del virus e bloccheranno l’infezione“.
La scelta specifica per questo sistema è derivata dal fatto che la pelle è il primo contatto assoluto con il mondo esterno, e al tempo stesso può essere anche una risposta immunitaria rilevante.
Gambotto spiega così i vantaggi: “Un altro vantaggio è che se si inietta un vaccino nel muscolo, questo si diluisce in tutto il corpo, quindi per generare una risposta forte serve una maggiore quantità di vaccino. Invece l’iniezione attraverso la pelle tramite microaghi è localizzata: c’è una concentrazione del vaccino molto più elevata, tutte le cellule immunitarie vanno ad attaccare l’invasore e basta una quantità minore di vaccino per dare l’immunità“.
Anche il particolare sistema di iniezione attraverso i microaghi, è un punto di forza trovato dal gruppo di ricercatori di Pittsburgh: “I microaghi proteggono la proteina spike, liberando i medici dalla necessità di conservare il vaccino attraverso la catena del freddo – sottolinea Gambotto – questo significa che il vaccino è più facilmente trasportabile anche nelle zone più povere del pianeta“.
I risultati sperimentali sui topi sono promettenti: un test dopo due settimane dall’iniezione del vaccino mostra che i topi hanno già sviluppato anticorpi specifici contro il Sars-Cov-2. “Gli anticorpi maturano progressivamente, diventano più potenti e selettivi contro il virus, e dopo 5-6 settimane dalla prima iniezione se ne sviluppa una quantità sufficiente ad arrestare la malattia – spiega Gambotto – naturalmente dovremo condurre la sperimentazione clinica per assicurarci che quanto abbiamo visto nei topi possa replicarsi anche nell’uomo: entro 1-2 mesi – a seconda della celerità della FDA americana nell’autorizzarci – dovremmo essere in grado di far partire la sperimentazione clinica, che – magari limitata agli studi di fase 1, vista l’emergenza mondiale della pandemia – potrebbe concludersi entro altri 2-3 mesi. La sperimentazione clinica ci aiuterà a calibrare la dose giusta di vaccino che può essere efficace con l’uomo. Se questa fase si concluderà con successo, il vaccino potrebbe essere pronto per la produzione industriale entro 5 mesi da ora“.
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