La ricetta del tecnico per uscire dall’emergenza sanitaria e sportiva.
«Se non si potrà ripartire, noi con le seconde promosse. E poi stop alle retrocessioni».
“Bisogna dare aiuti economici ai club più in difficoltà ed ai giocatori”.
Questo il titolo del Corriere dello Sport, oggi in edicola
Non è solo una questione di solitudine. La lunga attesa ha lasciato il posto ad un senso di impotenza, misto a rabbia e amarezza per un futuro che sembrava straordinariamente “rosa”, oggi, invece, resta avvolto nel mistero.
Inizia così l’articolo di Salvatore Geraci che riporta il pensiero del tecnico rosanero, isolato nella sua abitazione con la famiglia lontana, ad Ascoli. La consapevolezza delle difficoltà che il calcio dilettantistico potrà incontrare alla ripresa e la solidità del club rosanero.
“Sono per regole e indicazioni definitive che, però, tardano ad arrivare. Capisco che tutto dipende da scelte governative e dalla riduzione dei contagi, di sicuro non possiamo proseguire con rinvii di mese in mese. Che cosa dovrebbe succedere più di quello che è successo? E quando si tornerà alla normalità? Per la serie A, posso anche capire che si cerchino soluzioni alternative, ci sono interessi e calendari internazionali da tutelare. Ma per i campionati minori, no. Se non esistono i presupposti a livello sanitario ed economico, consideriamo anche l’ipotesi di chiuderla qui, anche se per noi sarebbe meglio onorare la stagione fino in fondo… Leggo: fase una, due, tre … L’importante è tornare in campo con garanzie reali, altrimenti si rischia di trasmettere il virus in giro o in famiglia. E poi c’è l’aspetto economico che in D, in molti casi, ha il valore della sopravvivenza, siamo distanti anni luce dalla A. Lasciamo perdere Palermo, società perfettamente in regola. Alcune sono nelle stesse condizioni, altre potrebbero avere difficoltà causate dal terribile momento. Certe esperienze le ho vissute sulla mia pelle… Speriamo sempre di giocare anche se diminuiscono tempi e presupposti, almeno in D, per una ripresa a breve scadenza. Troppi gironi, troppe differenze tra sud e nord. Se ci dicono di scendere in campo, l’importante è che chi si trova a prendere decisioni si assuma ogni responsabilità. Altrimenti, tremo al solo pensiero di cosa potrebbe succedere”.
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