“La percentuale di positivi al Covid 19 è molto più alta di quanto pensassi, sono dati impressionanti. Ora è necessario uno screening di massa”.
Sono dichiarazioni del prof. Matteo Bassetti, infettivologo primario del reparto di malattie infettive del’Ospedale S.Martino di Genova.
Uno dei medici più noti e popolari in questi giorni di epidemia, che spesso è ospite di tante trasmissioni tv per rispondere a tante domande e curiosità degli spettatori.
Nell’intervista realizzata da Massimo Razzi su Repubblica, svela un dato molto significativo, dai test emerge che è già immune quasi il 15% delle persone.
Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista:
“I dati che ho visto sono impressionanti. Su alcune migliaia di test sierologici eseguiti su persone non sintomatiche tra Liguria e Lombardia, la percentuale di positivi al Covid 19 è molto più alta di quella che pensassi. Siamo oltre il 10 per cento, diciamo verso il 15 e alcuni segnali mi fanno pensare a percentuali anche maggiori. .. Questo cambia molte cose. Dalla letalità (decessi sui contagiati), che così sarebbe molto più bassa, a tutti gli altri indici: la mortalità (decessi sulla popolazione complessiva), l’indice di ospedalizzazione, anche quello di gravità… se il Covid 19 è un virus decisamente molto contagioso, mi pareva impossibile che nei due/tre mesi in cui ha circolato liberamente avesse contagiato meno persone di una normale influenza… necessità di andare il più rapidamente possibile a uno screening di massa, diciamo qualche centinaia di migliaia di persone… Io metterei in campo sia i test sierologici (rapidi e non), intrecciati ai tamponi. In modo da diminuire anche il tasso di errore. Mi spiego: i test rapidi si possono fare anche con banchetti per strada presidiati da personale sanitario. Danno risultati in dieci minuti e dicono se la persona ha sviluppato gli anticorpi e, dunque, è entrato in contatto con il Covid 19. Il tampone a quel punto serve a capire se la malattia è ancora in corso e se è contagiosa. Credo che la gente, con il desiderio diffuso di sapere se il virus ci ha toccati, si presterebbe volentieri. Io penso che se venisse fuori che il 15/20 per cento della popolazione è immunizzato, questo ci permetterebbe di gestire una specie di ‘immunità ponte’ verso il vaccino con molte persone che potrebbero riprendere le loro attività senza rischiare né creare rischi per gli altri…. Come per altri coronavirus, la Sars o per il virus dei cammelli (Sindrome respiratoria Mediorientale o MERS), l’immunità è stata rilevata in alcuni studi. Quello della MERS e della SARS era un coronavirus come lo è questo e non sembrano esserci evidenze di un comportamento diverso rispetto al tema dell’immunità… Sul Nord non ci sono dubbi che hanno influito molto i focolai ospedalieri e delle case di riposo per anziani; vere e proprie bombe virali. Poi c’entrano senz’altro la concentrazione di abitanti, il tempo perso senza accorgersi che il virus circolava alla grande e, forse, anche questioni ambientali e climatiche il Sud? Più attenzione? Più tempo per prepararsi? In qualche caso, magari, anche meno tamponi. Ma non escludo che il virus scendendo lungo il nostro Paese abbia sviluppato una virulenza minore. Insomma, per fare un paragone bellico, il soldatino Covid aveva la stessa divisa ma armi meno letali a disposizione”.
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