L’ex direttore sportivo rosanero Giorgio Perinetti ha parlato ai microfoni di TMW Radio in merito alla ripartenza del calcio italiano:
“Si stanno facendo tutte le ipotesi utili, anche perché era uno dei campionati più interessanti degli ultimi anni. Non c’è serenità, e un problema su tutti è quello della salute, ha la priorità. Non sappiamo quando, se e come il virus ci darà lo spazio per organizzare qualcosa di certo, ecco perché nasce tutto questo. Il calcio fa bene a prepararsi all’eventualità di ripartire, anche per dare un po’ di serenità alla gente, un messaggio di speranza e rinnovata fiducia. Si parla anche di non guardare il lato economico, ma questa è un’industria importantissima che muove grandi interessi anche per lo Stato. Non mi sembra una cosa così secondaria. E poi ho una terza considerazione: si dice di fermare tutto e pensarci poi, ma bloccare una macchina di questa portata vuol dire anche fermare i vagoni successivi. Rimetterla in moto dopo tanti mesi non credo sia così semplice. Non appena arriverà il via, c’è da farsi trovare pronti, e non mi sembra un esercizio riprovevole, anche se gli interrogativi sono tantissimi. Sulla poca univocità qualche malizia viene, si pensa che certe voci arrivino dalla posizione della classifica, qualcuno pensa che fatti due conti forse è meglio non pagare quattro stipendi per attutire, ma questi sono mezzi per scansare impegni economici, non è un ragionare da sistema, è un pensiero condominiale.
Il futuro ha senso solo se esiste il presente. Se si riprende si ridà fiducia e stimolo a tutto un movimento, consentendo di affrontare la seconda fase, il calcio del futuro prossimo, in cui ci sarà da ridimensionarsi, riformarsi e tutte cose che non faceva in tempo di pace. Ma se evitiamo la responsabilità di provare a chiudere i campionati, è solo un rinviare seguendo una logica individualistica, senza accorgersi che comunque il problema rimarrà da affrontare e diventa tutto solo più difficile.
Il problema sicurezza è la conditio sine qua non. Detto questo, bisogna valutare le effettive possibilità: è chiaro che la Serie A, pur con uno sforzo importante, sia in condizione di affrontare tutto questo. La Serie B si interroga, mentre la C mi sembra in grave difficoltà, ha troppe condizioni difficili per un campionato che si estende in tutta la penisola con attrezzature limitate. La Lega Pro deve essere sostenuta in qualche modo dal sistema, e può anche pensare di non aderire alla ripresa. In B non vorrei che gli indecisi giochino molto sul “non posso, non posso” che in realtà è un “non voglio, non voglio”. Con un po’ di sforzo anche la Serie B secondo me potrebbe adeguarsi, ma è tutto da vedere.
Intendo questo quando chiedo una risposta di sistema. Questo mondo è sempre sembrato dorato, anche se dietro ci sono mille difficoltà e situazioni di bilancio aggiustato: non è tutto oro quel che luccica. Comunque ha sempre coinvolto la passione popolare, un patrimonio inestimabile in Italia, è qualcosa che ci appartiene nel DNA. Se pensiamo solo alle logiche personali di retrocessioni e salvezze… Io ho 45 anni di lavoro, e dico commuovendomi che adesso c’è da salvare il calcio. Non è la cosa più importante, assolutamente, ma a distruzione e morte ci si prova ad attaccare alla vita, e il calcio ne fa parte. Non c’è solo Cristiano Ronaldo: la domenica questo gioco muove migliaia di persone che hanno fede, speranza, che si arrabbiano e gioiscono. Ci sono le scuole calcio… Fermare la Serie A non è interrompere diritti un po’ stravaganti, ma è fermare l’intero movimento. Non si può sempre pensare all’avvocato dietro. La retrocessione può essere anche ricompensata con rimborsi economici, ma dobbiamo metterci in testa di salvare una delle industrie più fiorenti del paese. Inutile discutere di chi vince, chi perde e di chi fa le coppe o meno. Rischiamo di azzerare una delle cose che fino a due mesi fa è stata parte delle nostre vite. Non bisogna arrendersi al male, ma lottare. E parlo anche di bar e ristoranti, cose pure più serie.
Temo meno squadre nel professionismo. Nulla sarà più come prima e questo è drammaticamente vero: dovremo rivedere molte cose. Il calcio però ha sempre parlato di queste riforme, anche prima: magari questa drammatica situazione potrebbe portare a farle, a differenza di prima. Bisogna ridiscutere mezzi e garanzie di squadre delle varie leghe, di come si possono aiutare, ci sono leggi da modificare, rendere più semplici quelle sugli stadi, sul professionismo e sui diritti tv. Ci sono mille cose di cui discutere che fino a oggi sono state sempre rimandate, e magari è arrivato il momento”.
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