Lunga intervista all’uomo che più ha suscitato scandalo nel mondo del ciclismo. E’ quella di Lance Armstrong, andata in onda su ESPN, in cui l’ex ciclista americano ha affrontato tanti fantasmi del passato. Armstrong non si è limitato a parlare della fine buia della sua carriera ma anche delle conseguenze che il doping ha avuto sulla vita delle persone che lo avevano a cuore: il suo staff e la sua famiglia.
Tra i tanti riferimenti anche parole spese per gli italiani Ivan Basso e il “pirata” Marco Pantani, oltre al ricordo dell’eterna rivalità con il tedesco Jan Ullrich, anche lui squalificato per doping.
Il film-documentario realizzato da Marina Zenovich non mira a raccontare Armstrong in modo biografico ma a mettere a nudo tutte le debolezze di un uomo dallo spirito fragile che nel corso della sua vita ha purtroppo perso se stesso, con le conseguenze sulla vita professionale che tutto il mondo ha potuto conoscere.
La parabola che descrive la carriera di Lance Armstrong assume il suo andamento decrescente sicuramente quando a soli 21 anni decide di “rifugiarsi” nelle iniezioni di ormoni per vincere i Mondiali di Oslo 1993: “Mi superavano tutti, mi ero stancato di restare indietro, di uscire sconfitto. Io volevo cominciare a vincere e non fermarmi più. Divenne un’ossessione”.
Le dosi probabilmente eccessive di iniezioni causarono al ciclista un tumore ai testicoli ed uno al cervello, che Lance riuscì entrambi a superare divenendo così un uomo da rispettare solo per il fatto di aver avuto problemi di salute così grossi e a vincerli. Questa vittoria sul doppio cancro gli fornirono un alibi di ferro e una torre d’avorio in cui nascondersi per diventare insospettabile agli occhi della sua famiglia, dei media e di tutto il mondo del ciclismo: “Con l’imbarazzo di non dovermi nemmeno difendermi visto che per tutti ero l’eroe che aveva sconfitto un tumore e quindi al di sopra di ogni sospetto”.
Cinque anni dopo i Mondiali di Oslo divenne frequente tra i ciclisti, secondo le parole di Armstrong, l’uso di EPO: una vera manna per i dopati in quanto consentiva di garantire prestazioni sovrumane senza conseguenze sulla salute (le iniezioni di ormoni erano quindi superate).
Nonostante le vittorie innumerevoli, al ritiro dalle corse (tra cui sette Tour de France), Armstrong aveva una vita poco armoniosa: abbandonò la moglie e i figli per stare con le stralette, illudendo se stesso che la vita gli regalasse tutto.
Inaspettatamente nel 2008 tornò in bici e alle corse ufficiali: “Stavo benissimo fisicamente e vidi la vittoria di Sastre. Se uno come quello poteva vincere il Tour, lo avrei potuto fare serenamente anche io per l’ottava volta. In pochi appoggiarono la mia decisione”.
Nel corso del documentario non sono mancate le bordate contro suoi colleghi di ogni nazionalità: l’italiano Basso e il tedesco Zabel principalmente, poi anche il ricordo della rivalità con Ullrich e della morte di Pantani: “L’Italia glorifica Ivan Basso, lo tiene in gran conto, gli offre un lavoro e lo invita in tv. Eppure lui non è molto differente da me o Jan Ullrich. L’Italia ha demolito e ucciso Pantani, la Germania disprezza Ullrich ma ama Zabel che pure era dopato. E Pantani è morto, fottutamente morto”.
Il momento più toccante dell’intervista è alla vista delle immagini di Ullrich, che Armstrong andò a trovare presso la clinica dove lavorava giornalmente per disintossicarsi dalle sostanze dopanti, assolutamente dei ricordi poco piacevoli che causano a Lance lacrime di dolore.
Poi anche il dolore per le vite rovinate a causa delle sue scelte. Ne vengono ricordate tre particolari: “Ho rovinato la vita a Emma O’Reilly, la mia massaggiatrice, minacciandola e dandole pubblicamente della prostituta per avermi smascherato. Aveva solo raccontato la verità.
Ho rovinato la carriera e la vita a Filippo Simeoni, il corridore che denunciò il mio legame col dottor Ferrari. Avrei potuto metterlo in un angolo e minacciarlo, lo feci come un boss mafioso durante la diretta televisiva del Tour.
Sono stato osceno quando ho piantato mia moglie Kristine e i bambini per flirtare con la starlette di turno. Due giorni dopo aver lasciato casa ero già sulle copertine con un bicchiere in mano”.
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