Se questa serie D ha lasciato qualcosa nel cuore di tutti i palermitani è stata la consapevolezza di un amore rinnovato. E per quanti oggi forse facciano fatica a comprenderlo, si è rinnovato immediatamente. Proprio come la fenice che rinasce dalle ceneri, così il tifoso palermitano ha saputo immediatamente raccogliere la propria amara delusione, ha visto con raccapriccio l’inferno in cui il suo amato Palermo era stato gettato, ma non ha smesso di amare. Perché come con un figlio, magari un po’ te ne allontani, ma non smetti mai di amare, la passione è troppo grande.
E lo dimostrano quei 10.446 abbonamenti, quella fiducia in un qualcosa che ancora nemmeno era stato costruito, in quei ragazzi che nemmeno si conoscevano, in una squadra ignota. E in un progetto che dava speranza. E forse in quella squadra di palermitani. Questo ha fatto magari scattare la scintilla.
Vedere Andrea Accardi, unico superstite di quella annata maledetta voler rimanere in serie D, perché non esiste cosa più importante dei colori rosa-nero e della piazza. Vedere un Roberto Crivello scendere da una serie B ben più prestigiosa e sentire adesso, anche a distanza di tempo, sentire raccontare di come sia felice, perché non aspettava altro che di realizzare “il sogno di tutta una vita”: indossare la maglia della propria città.
Allora qualcosa è cambiato. Forse in questo fantomatico campionato dilettantistico in cui hanno voluto condannare il Palermo, in cui anche il più piccolo stadio di serie B viene rimpianto, vengono in compenso apprezzati i valori dello sport, l’amore per la propria squadra del cuore, andare allo stadio diventa una gioia, non un’agonia, e il rapporto con la propria squadra del cuore si ravviva e si rinnova.
Tanti i palermitani in squadra in questa serie D: tanti che hanno mostrato che Palermo non era il semplice trampolino di lancio, ma molto di più. Era tutto. Era la propria città. Era orgoglio, era il sogno di sempre.
E il primo gol del campionato segnato dal palermitano Lucera, in una partita sofferta, a Marsala, sembra proprio scritto in una pagina di un libro, nel destino. Perché forse alcune dinamiche, alcune sofferenze patite in questi anni, possono capirle solo i palermitani, chi in questa terra ci ha vissuto, o chi magari se n’è andato presto.
Questo rapporto con la piazza, il peso di non deludere nessuno per alcuni magari è stato anche troppo grande: vedi Ficarrotta, capace di grandi colpi, ma anche di momenti di grande discontinuità e rabbia come il rosso diretto contro il Savoia.
O Ambro, un giovane promettente che ha mostrato il suo talento e che una chance in più avrebbe meritato. La sfortuna ha colpito Corsino ma mai ha mancato nei momenti di squadra di sottolineare il suo attaccamento alla maglia, così come altri che palermitani non sono ma che di Palermo si sono innamorati.
Mi rivolgo a voi, Roberto Crivello, Andrea Accardi, voi potreste essere ancora il futuro del Palermo, portate ancora con orgoglio la vostra palermitanità, il vostro dialetto, la piazza ne sarà riconoscente.
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