Un imprenditore incensurato in contatto con i clan partecipava, vincendo, ai bandi dei Monopoli.
E qualche mese fa le cosche si erano ricomprate un centro per le puntate che era stato sequestrato.
Le sale scommesse di Cosa nostra. Cento milioni di euro per finanziare i clan.
Blitz della Finanza: otto arrestati. Tre concessioni ottenute dai Monopoli. I “re delle puntate” hanno ricomprato un’agenzia sequestrata per mafia.
Vecchi boss, nuovi rampolli: la corsa all’oro delle giocate
Così le “famiglie” palermitane si davano da fare per ottenere i corner più redditizi. La sorella del cassiere della cosca esattrice “dura”, il figlio manager dell’ergastolano.
Contrasti per avviare banchi poi gestiti da prestanome e riscuotere i ricavi degli affari sporchi. In campo i clan di Porta Nuova, Brancaccio, San Lorenzo.
L’inchiesta- Nel corso dell’indagine Il Gico della Guardia di Finanza è partito da alcune agenzie scommesse ed è arrivato alle società che so sono aggiudicate tre concessioni dai Monopoli.
I manager- Le intercettazioni hanno svelato il ruolo di alcuni personaggi insospettabili che gestivano l’affare del gioco per conto delle cosche. Il più importante tra loro è Salvatore Rubino.
Le società- Il sequestro per mafia è scattato a conclusione dell’inchiesta per la Bet for Bet, la Tierre Games, la Gierre Games, la Gaming management group, la Lasa giochi.
I soci- Agli imprenditori Elio e Maurizio Camilleri, che sono stati in società con Salvatore Rubino, il manager finito ieri in carcere, è stato notificato il divieto di dimora nella città di Palermo.
Questi i titoli con cui Repubblica , oggi in edicola, dedica ampio spazio all’inchiesta sulle sale scommesse.
In tempi di emergenza Covid, i “re” del gioco di Cosa nostra — insospettabili imprenditori — non si sono fermati. E appena è stato possibile, a maggio, hanno messo a segno il primo colpo: si sono ricomprati l’agenzia di via Franz Liszt 19/ 21, che l’anno scorso era stata sequestrata dopo le indagini della squadra mobile sul clan Inzerillo.
Inizia così l’articolo di Salvo Palazzolo.
C’era un gran fermento nelle famiglie mafiose di Palermo per accaparrarsi uno spazio nel business delle scommesse. Da Porta Nuova a Brancaccio, fino a San Lorenzo e a Belmonte. Non mancavano i contrasti sia per inaugurare le agenzie poi gestite da prestanome sia per recuperare i guadagni del denaro sporco investito.
Questa l’apertura dell’articolo di Romina Marceca.
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