Il Presidente del Palermo, Dario Mirri, quest’oggi è stato presente in conferenza stampa per fare un resoconto della stagione calcistica appena conclusa, tracciando la linea per il futuro della Società.
Noi abbiamo già un eccellente amministratore, dunque si prosegue sicuramente insieme, fatto salvo ciò che non posso sapere. Il capitale sarà sottoscritto e di piazza farà il suo versamento.
Nella sostanza la cosa importante è che non può cambiare nulla, i soldi sono nella società per gestire tutto per un anno. Non siamo mai stati così tranquilli, con una cassa molto capiente per evitare che le cose cambino in corso d’opera. Non abbiamo fatto lo struzzo affrontando ora il tema.
Di Piazza ha ritirato le dimissioni? E’ vero, come è vero tutto il resto, nei premi prima era favorevole e poi contrario. L’unica volta in cui siamo andati a maggioranza e non unanimità è stato per la questione dei premi. Lui non voleva riconoscere ai giocatori ma a cui io tenevo per dare valore alla società. Io ho voluto riconoscere tale impegno, Di Piazza ha assunto l’impegno di essere socio al 40%, e non ho dubbio che manterrà i suoi impegni. Si era dimesso ma poi si era ritirato, insomma sono temi che appassionano ma che non hanno impatto. Accettiamo il ritiro delle dimissioni? No, ci vuole coerenza. E’ inutile fare come gli struzzi. Se sono nate delle difficoltà è a causa di fraintendimenti e distanza, lui non vive le cose della società e le vive sui social. Lui ha seguito un percorso che non era quello istituzionale, creando dei fraintendimenti a causa della distanza. Quello che è successo secondo me ha un significato, non si può pensare che non ci siano delle conseguenze, il Palermo non è un giocattolo di nessuno. Il Palermo è una cosa seria, non è il Carrapipi. Nelle top società non avviene ciò che è avvenuto in questi giorni, è un fatto di stile. Siamo stati abituati in 10 anni ad una leggera gestione di questi ambiti, guardiamo a chi è avanti a noi, non a chi sta dietro.
Ho avvertito Di Piazza che il suo intendimento iniziale stesse cambiando di giorno in giorno. Se lui ha versato il 40% ha un significato, abbiamo condiviso decisioni e progetti. Con la distanza tutto era più complicato, non è detto che qui si facciano le cose male. Non è che essere americani o palermitani cambia qualcosa… Qui c’è un modo di lavorare che non è autenticamente condiviso da Di Piazza. Lui sta dando un contributo generoso a favore della città e della squadra, ma l’amministrazione è delegata. Io sto due passi indietro. Se qualcuno vuole fare del Palermo un proprio divertimento, il calcio non è un gioco ma una cosa seria. Il Palermo è un pezzo importante del cuore della gente.
Incontro con i legali di Tacopina a Roma? Ho ascoltato e letto tutto, io non lo conosco e non lo voglio conoscere. Tacopina ha avuto contatti con Di Piazza, il 22 gennaio sono stato chiamato da un avvocato, e dunque l’ho ascoltato perché il Palermo è un palazzo di trasparenza. Lo studio era il Tonucci di Roma, che mi diceva di avere un soggetto interessato all’acquisizione del Palermo, e mi è stato detto che era l’avvocato Tacopina, e io mi sono alzato dopo 5 minuti. Ho avvisato Di Piazza sull’accaduto, dicendo che per il trascorso di Tacopina non credo che fosse un gran vantaggio introdurlo in società, perché non lo ritengo utile. E lui ha detto che era in contatto con Tacopina, senza che io l’avessi mai saputo. Ho avvisato l’avvocato dello studio Tonucci che Tacopina era già in contatto con Di Piazza, e l’avvocato ha confermato i contatti tra i due americani.
Quando a febbraio Di Piazza è venuto a Palermo, voleva invitare Tacopina per la partita, ma io non lo ritenevo utile. Non avevamo alcun interesse di coltivare la proposta di Tacopina, dunque non era utile invitarlo. Se valuto offerte per il mio 60%? Assolutamente no.
Paparesta? Gianluca è una persona amabile umanamente, lui ci ha messo in contatto con Di Piazza. In quei giorni convulsi pre bando, io ricevevo telefonate disparate, gente di ogni tipo. Sagramola entrò in contatto con Paparesta, e mi disse di Tony Di Piazza. Mi disse che era una persona che voleva dare il suo contributo. I primissimi di luglio, ancor prima di ogni accordo formale, con Paparesta abbiamo avuto un incontro a Roma, nei quali Gianluca stesso disse che non aveva alcuna ambizione ulteriore se non quella di assistere Di Piazza, perché si rendeva conto conoscendo le competenze di Sagramola non era necessario. Poi quando abbiamo definito con Di Piazza ogni accordo, ci chiese di nominare un dirigente, e Paparesta iniziò a fare un lavoro di tutela sull’investimento di Di Piazza, sui controlli di gestione. La competenza di Paparesta rivestivano il suo ruolo, ovvero seguire la contabilità, l’ufficio amministrativo.
Accordi diversi concordati da Di Piazza prima della firma? Non ha senso disquisire da tutto, lui era assistito da uno degli studi legali più importanti d’Italia. Abbiamo stabilito patti para-sociali, in cui è stabilito che il budget è l’elemento cruciale, quello centrale. Per il resto questi elementi è complicato andare dietro a questa quantità di informazioni che vengono fuori, che sono tutti assolutamente contraddittori. E’ difficile stargli dietro, perché ha un’incontinenza di informazioni e comunicazione che è incontenibile.
Se Di Piazza lascia la società in maniera meno canonica? Lo escludo, è una persona per bene che rispetta i suoi impegni. Non credo che lui lo voglia disattendere.
Quanto accaduto conseguenza della fragilità dell’accordo? Aver accolto Di Piazza non so se è stato un peccato originario, ad oggi no. L’unione prosegue, se le cose dovessero cambiare c’era un peccato originario in cui lui non si è reso conto che un socio che sottoscrive il 40% ha un ruolo consequenziale. Non so cosa succederà dopo, la società ha una visione e prospettiva di assoluta tranquillità”.
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