Ha colto l’occasione per spiegare che al di là di tutto quello che è successo, con la spaccatura nel consiglio di amministrazione del Palermo, l’impegno per la costruzione della squadra non verrà meno.
Questa l’apertura dell’articolo di Valerio Tripi su Repubblica, oggi in edicola, che sottolinea alcuni passaggi della prima conferenza stampa post coronavirus svoltasi ieri pomeriggio al Barbera.
Una conferenza che avrà sicuramente rasserenato i tifosi ma non Di Piazza a cui Mirri ha mosso alcune osservazioni ben precise e, a suo dire, documentabili. Questi i passaggi più interessanti:
“…prima ha detto che il budget non andava bene e poi sì, che avrebbe votato per concedere il premio promozione e poi ha votato no. E questa è stata, in dieci mesi, l’unica volta in cui abbiamo votato a maggioranza. Lui non voleva riconoscere i premi ai calciatori, ma la nostra reputazione è un valore importante e ci permette di dare valore alla nostra società. Io ho voluto rispettare gli impegni presi con i calciatori. .. Il fatto che ha dato le dimissioni e poi le ha ritirate, che ha detto che vuole vendere e poi che non vuole più farlo sono temi che appassionano, ma che non hanno impatto e incidenza sulla vita futura della società … Noi il progetto lo portiamo avanti, abbiamo il diritto di prelazione: se Di Piazza vuole vendere, è il nostro miglior socio, generoso, volitivo, appassionato, ma è un socio e non un amministratore. Escludo però che Di Piazza si sfili, rispetterà i suoi impegni, del resto li ha assunti solo dieci mesi fa… Inutile che Di Piazza disquisisca di tutto quello che è successo. Al momento di firmare era assistito dall’avvocato Cantamessa e da Paparesta che da commercialista ha controllato l’aspetto dei numeri. Se io ho il sessanta per cento e lui il quaranta non vedo perché io non debba decidere. Anche in America funziona così. Per il resto non posso andare dietro alla quantità di informazioni che vengono fuori da Di Piazza e che sono contraddittorie. È difficile stargli dietro, ha una incontinenza di comunicazioni imprevedibile. Il Palermo non è un giocattolo, guardiamo a società serie come Juventus, Manchester City o United. Non siamo il Carrapipi. È una questione di stile e non credo che in certi club si facciano questi discorsi…”.
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