La seconda parte dell’intervista in esclusiva per TifosiPalermo.it al docente di “Acquedotti e fognature” della Laurea Magistrale di Ingegneria Civile dell’Università degli Studi di Palermo, Carmelo Nasello, in merito al nubifragio accaduto a Palermo lo scorso 15 luglio.
Secondo lei che interventi sono necessari per evitare che la città non viva più eventi di questo tipo?
“In primo luogo occorre portare a compimento le opere che sono state concepite negli anni ottanta nel Piano delle fognature. Senza il loro completamento, quel Piano resterà monco.
Aggiungo che, a seguito dell’alluvione che colpì la città nel febbraio 1931, un’importante azione intrapresa nei decenni successivi fu il rimboschimento di alcune aree delle montagne che circondano Palermo. Oggi questi boschi svolgono il loro ruolo.
Le acque che vediamo scorrere in via Leonardo da Vinci e viale Michelangelo, in parte arrivano dalle pendici di monte Cuccio. Se su questo monte avessimo un bosco, anziché i versanti denudati, una parte delle piogge sarebbe assorbita dal suolo boschivo, e comunque, le forza delle acque arriverebbe smorzata”.
Questo evento, pur nella sua tragicità, deve essere l’occasione per iniziare a pensare l’urbanistica palermitana in modo differente? Se sì, in che modo?
“Continuando sul tema del contributo di alberi e piante, sottolineo che una maggiore presenza di zone verdi all’interno delle aree urbane aiuterebbe a lasciare filtrare nel terreno parte delle piogge, e non ce le ritroveremmo sulle strade”.
È Palermo ad avere una carenza infrastrutturale sotto l’aspetto idrogeologico o è più un problema dell’Italia intera?
“Le problematiche vissute in questi giorni a Palermo sono vissute analogamente in tutto il territorio nazionale. La cementificazione della Conca d’Oro negli ultimi sessant’anni, in atto ancora oggi, ha visto numerose edificazioni vicino a torrenti, ruscelli, o zone in frana. Luoghi sui quali finora non c’erano stati insediamenti. Se a questa crescita urbanistica aggiungiamo una mancata consapevolezza dei rischi da alluvione e da frana, la frittata è fatta. Abbiamo, da un lato massacrato la Conca d’Oro, dall’altro abbiamo esposto a maggiori rischi la stessa popolazione”.
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