Lavorare in Sicilia non è mai stato semplice. Purtroppo questa regione al giorno d’oggi non riesce a rendere felici tutti i suoi cittadini. Sono molteplici gli insegnanti infatti, che si trovano di fronte ad un grande dubbio: rimanere a casa con poche chance oppure andare altrove avendo più possibilità di realizzarsi?
“Bisogna mettere le priorità personali sui piatti della bilancia e vedere dove va l’ago” dice un’insegnante. Maurizio Salamone, precario di Leonforte, racconta di avere sei lauree e due concorsi al Nord ma ancora aspetta di essere assunto; “mi sono visto superare da persone con un diploma e io che ho sei lauree non sono di ruolo dopo 48 anni”. Egli , continua chiarendo che vorrà sfruttare il meccanismo della “chiamata veloce” cioè la possibilità di trasferirsi in qualsiasi regione per entrare di ruolo dove le graduatorie non sono complete.
Poi c’è anche la storia di un altro insegnante di sostegno che vorrebbe lavorare in quartieri quali Zen, Brancaccio o Tommaso Natale ma negli ultimi anni ha trovato posto nel Milanese e nel Comasco, seguendo alunni in difficoltà. Racconta di avere difficolta di costruire una famiglia poiché: “Ogni due anni, portando a termine l’iter scolastico del bambino che seguo, cambio scuola e città. Come faccio a costruirmi una famiglia se sono un vagabondo?”
Diversa invece è la situazione di Elisabetta Patti, 38 anni, che non accetta l’obbligo di partire per trovare un futuro: “La scelta è tra essere precaria professionalmente o precaria nella vita privata. Io ho valutato le due alternative e ho scelto la prima opzione”.
Un’altra insegnante, precaria da 5 anni, aspetterà una cattedra annuale: “voglio lavorare qui, non voglio rinunciare a vivere nella mia terra, semplicemente perché non lo trovo giusto” . E aggiunge dicendo “ci sono i miei due figli che voglio far crescere in Sicilia”.
Il giovane docente di 26 anni Paride Sinacori, quest’anno dovrà trasferirsi in provincia di Milano per essere inserito nelle graduatorie della Lombardia: “Oscillo dalla voglia di non avere più una scadenza al 30 giugno sulle mie spalle e la tristezza di dover stare lontano dalla mia terra”. Continua: “Penso però che fin quando sono giovane e non ho una moglie e dei figli devo tentare tutte le carte e fare più esperienza possibile”.
Peppe Milia, precario da 13 anni, insegna chitarra alle scuole medie, anche lui spera nell’assunzione nella propria regione e muove una critica nei confronti del governo: “Il governo non sta facendo altro che peggiorare la situazione. Secondo una norma europea, dopo 3 anni, si dovrebbe essere stabilizzati. Invece, sento che si vuol fare lavorare chi non ha laurea, mentre non si procede alle assunzioni a tempo indeterminato” .
Mary Albanese infine, è disponibile ad andare al Nord: “Non voglio rimanere bloccata per 5 anni in un’altra regione. La donna infatti ha lavorato per diversi anni a Pisa prima di tornare in Sicilia e adesso:”Non riesco ad immaginare di vivere fuori dalla mia terra. Lo potrei fare perché non ho figli, ma non voglio. Io voglio stare qui. Voglio stare nella mia terra”.
Queste sono le tante storie che accomunano diversi lavoratori che vivono una vita da nomadi in cerca di una terreno fertile per affondare le proprie radici. Non è pensabile ancora oggi che la Sicilia abbia queste grosse problematiche di amministrazione; si attendono delle soluzioni per questa povera gente che pretende di essere ascoltata e agevolata. La Sicilia deve trovare un punto di svolta, è l’ora che le cose cambino.
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