Come ricordato dalla pagina Facebook del Palermo FC, il prestigioso magazine France Football, appena una settimana fa, ha dedicato uno speciale reportage al club rosanero, che ne percorre la storia dalle splendide annate in Serie A sino al fallimento e alla rinascita. E per lasciare spazio ad uno dei più importanti protagonisti della storia rosanero, il magazine noto per assegnare tutti gli anni il Pallone d’Oro, ha anche deciso di intervistare il nostro ex fantasista Javier Pastore. Abbiamo così provato a tradurre per voi le dichiarazioni del “Flaco”:
Javier, a nove anni dalla tua partenza, cosa rappresenta Palermo per te?
“A Palermo sono stato accolto a braccia aperte e ho passato lì due anni meravigliosi. Erano per me i primi in Europa, quando pensavo ancora di potere incontrare molte difficoltà per adattarmi essendo così lontano dalla mia famiglia. La gente per strada mi ha dato tanto amore e terrò sempre nel mio cuore questa squadra. Ricordo ancora i pomeriggi in spiaggia, quando i palermitani venivano a parlare con me di calcio e delle mie partite. Ma non solo: al ristorante, al panificio, per la città, venivano a spingersi fra di loro pur di lasciarmi una parolina, sempre di grande affetto. I palermitani sono pronti a morire per la loro squadra. Soffrono in questo momento, ma so che, come in Argentina, non abbandoneranno per niente al mondo la squadra sino a che non ritroverà il posto che si merita, in Serie A.”
Conservi un ricordo particolare della passione dei palermitani?
Il derby contro il Catania in casa nel 2010. Segnai una tripletta e vincemmo 3-1. Allo stadio c’era un clima di estasi: un ambiente incredibile, un giorno che non dimenticherò mai. E poi, certo, la finale contro l’Inter nel 2011. Posso ancora rivedere il centro di Roma inondato dal rosa, il colore di maglia del Palermo. Non tutti avevano potuto prendere un posto a sedere all’Olimpico e la città si era allora riempita di tifosi rosanero. Tutta la mia famiglia era venuta a vedermi e hanno seguito la partita a fianco dei tifosi. Avevano perfino pranzato assieme a loro.
Ricordi quello che hai provato all’annuncio della retrocessione in D?
Sì, e mi ha fatto molto male. Quando ero arrivato a Roma, il Palermo era in Serie B e lottava per la promozione. Ero felicissimo, perché nella mia testa li vedevo già in A. Mi dicevo: “Potrò tornare in quella città e calpestare di nuovo il prato del Barbera”. La notizia del fallimento è stata qualcosa di toccante per me, dato il rapporto che ho tuttora con i palermitani. Vedere il Palermo retrocedere di due categorie mi aveva dato grande tristezza; ho amici lì e parenti di mia moglie che tifano Palermo. E poi, ci siamo tenuti in contatto con i “senatori”, ci scambiamo dei messaggi in un gruppo Whatsapp: ci sono Miccoli, Balzaretti, Bovo, Migliaccio, Liverani…la situazione ci ha colpiti particolarmente, perché siamo tutti cresciuti lì. Sportivamente, ma soprattutto umanamente.
Si è spesso puntato il dito contro Zamparini. Giustamente, secondo te?
È triste che questa storia sia finita così. Ma non sono stato al Palermo negli ultimi anni e preferirei quindi non sbilanciarmi sulla questione Zamparini. A livello personale, nei miei due anni in Sicilia, avevo sempre avuto un rapporto molto buono con lui. Stava al mio fianco per supportarmi in ogni momento, anche quando le cose andavano male.
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