Il suggello, la consacrazione definitiva: Paulo Dybala è eletto miglior giocatore della Serie A. Lo si può gridare forte al mondo: ha trionfato realmente il migliore, perché il più determinante, il più generoso in campo, il più bello da vedere con il pallone tra i piedi. Tutto in una volta sola, Dybala all’ennesima potenza.
Ed era indubbiamente l’anno più complicato, se consideriamo che è stato quello di un italiano tornato a vincere la Scarpa d’Oro, che ha persino pareggiato il record all-time di segnature stagionali; ed era l’anno della riconferma del compagno di squadra portoghese, che ha avuto un rendimento straordinario e che può vantare un ritorno mediatico altisonante, cosa che fa e condiziona. Ma ha vinto comunque Dybala, e non solo Dybala: il titolo è un tributo al suo altruismo, la sua eleganza, il suo spirito di sacrificio.
La storia di Dybala è quella di una meravigliosa rivincita, un film con un finale ancora da scrivere e le sue solite peripezie. E da innamorati del suo passato a tinte rosanero lo raccontiamo dal 20 luglio 2012, data in cui il Palermo ne perfeziona l’acquisto sulla base di un contratto quadriennale da 500 mila euro più bonus. Paulo Dybala aveva soli 18 anni ed era atterrato in Europa dopo avere fatto le fortune dell’Instituto de Cordoba, militante in Serie B argentina, dove percepiva il minimo sindacale: 4000 pesos, ovvero 900 euro l’anno. In patria tutti lo consideravano già un talento preziosissimo, finendo così per soprannominarlo “la Joya“, il Gioiello.
In realtà Dybala si fa presto confezionare un altro nomignolo, ne raccontiamo l’aneddoto: al suo arrivo all’aeroporto di Palermo, l’autista Franco Marchione ha il compito di prelevarlo e portarlo in città, ma non lo trova. Chiede allora ai due procuratori, che glielo presentano all’istante. “Ma chistu è un picciriddu“, sarà la primissima reazione di Marchione. U picciriddu, il Bambino, diventa da allora l’appellativo nostrano del giovanissimo.
Dybala, alla primissima stagione in Italia e in un campionato di massima serie, è visibilmente disorientato. Si accende solo a sprazzi, si nasconde a volte tra le maglie di avversari più navigati e quelle di compagni meno talentuosi ma più esperti, gioca relativamente poco: forse non è il craque che Palermo immaginava, o non ancora. Ma l’11 del mese di novembre Dybala già incuriosisce, stuzzica i palati fini: contro la Sampdoria (Momenti salienti Palermo-Samp 2-0, 2012), in mezzo a tante giocate di spessore sigla una doppietta, e il secondo è proprio un gran gol. Ma sarà uno dei pochissimi veri squilli, che non permette ai rosa di scongiurare la Serie B. Nel momento allora più difficile della gestione Zamparini (ne seguiranno ahinoi di ben più tristi), inizia il calvario dell’argentino.
Il Patron non intende dilapidare un investimento di grande portata e Dybala è preso sotto l’ala protettiva del nuovo tecnico, il gagliardo ma decisamente inesperto Rino Gattuso. Interpellato dai giornalisti, definirà Dybala “tre pagine avanti agli altri nel manuale del calcio“. Si innamora tanto del suo talento da dimenticarsi quello del suo connazionale, Franco Vazquez, che viene messo praticamente fuori squadra.
In un’amichevole contro l’Hertha Berlino (Palermo-Hertha Berlino 1-2), Dybala raccoglie il pallone dai venticinque metri dalla porta avversaria, prende la mira e spara sotto la traversa. – Allora sa pure calciare da fuori -, viene da dire. L’argentino si fionda poi dalle parti del mister e lo abbraccia calorosamente. Il felice sodalizio non dura però a lungo: Dybala stecca e si fa costantemente neutralizzare dai difensori della B, caratteristicamente poco tecnici ma arcigni; Gattuso si lascia invece tradire dall’inesperienza e dalla scarsa pazienza del Patron, che ne fa le valigie per fare spazio alla vecchia conoscenza Beppe Iachini. Sarà lui l’uomo della svolta, per la carriera di Dybala e finanche per la sua posizione in campo.
Il Palermo inizia ad ingranare, ma Dybala ancora no. Dopo l’exploit contro la Samp dell’anno prima, il numero 9 del Palermo è ormai un elemento misterioso e si inizia a dubitare delle sue qualità, ancora praticamente invisibili. Il peggio non ha però fine: nel bel mezzo di un acceso derby contro il Trapani (si chiuderà 3-0 con una grande prova dell’altro giovanissimo talento rosanero, Andrea Belotti), Dybala riceve alla mezz’ora una botta al fianco (Palermo-Trapani 3-0): viene accertata una lesione muscolare e la Joya è così costretta al riposo forzato per quasi tre mesi. Sono mesi di studio per l’argentino, che vede il Palermo conquistarsi il primato in classifica.
Ora però è marzo, il campionato non è certo finito e Dybala ha un conto in sospeso con il mondo intero. Durante un match tiratissimo contro il Bari e sotto una pioggia torrenziale, il Palermo non trova la via del gol; Iachini si gioca così una doppia carta argentina: dentro Dybala al ritorno in campo dopo l’infortunio, poi Vazquez che aveva rischiato di partire per Cipro nella finestra di gennaio. Per la prima volta Palermo vede i due argentini assieme e sente una nuova bellissima sinfonia. Minuto 81: Vazquez raccoglie dalla destra un passaggio di Lazaar e serve Dybala; la Joya indirizza con il mancino e scardina il sortilegio (Palermo-Bari 2-1). Può gettare la maglia al vento e scacciare un urlo di disperazione: il nuovo Dybala è ora.
La danza non avrà più fine. Dybala e Vazquez diventano amabili compagni di giochi, tangueros con la rosa in bocca. Si scambiano assist a profusione, non ultimo quello di Novara da parte di Dybala per El Mudo (“Il muto”), così soprannominato Vazquez per l’abitudine a parlare poco. Quello è il gol della promozione: il Palermo torna in A, le stelle sono adesso più vicine per Dybala.
Nell’estate del 2014, si discute a lungo su chi debba preferire Mister Iachini tra il Gallo Belotti, in chiara rampa di lancio dopo le dieci reti stagionali, o l’esplosivo Dybala. La piazza sembra propendere per il primo, ma il mister dal cappellino con visiera stupisce tutti e alla prima in campionato schiera Dybala dal primo minuto. Dybala solista e da prima punta. “Contro quegli spilungoni della A, seriamente? Non vedrà palla“. Sì, qualcuno non vedrà la palla, ma certo non Dybala che sembra un altro giocatore. Un altro, decisamente più completo e pericoloso, rispetto anche ai suoi momenti migliori dell’anno di B: è semplicemente tarantolato. Davanti a lui c’è sempre la Samp (Palermo-Samp 1-1, 2014), con cui si era battezzato due anni prima. La punisce ancora, ma stavolta non sarà più un fuoco di paglia. Anzi, è solo l’inizio della gloria.
La stampa, il mondo iniziano a conoscere Dybala una domenica sera. Indovinate il mese? Novembre, sempre novembre. Il Palermo sembra si stia riprendendo dopo un inizio balbettante, ma affronta il Milan nel palcoscenico di San Siro, dove i grandi hanno fatto la storia. Appunto, i grandi. Milan-Palermo 0-2 – Dopo una rocambolesca autorete dei rossoneri, Dybala vuole accendere su di sé i riflettori: prende il pallone dal limite, supera Zapata in velocità, fisicamente e tecnicamente e scaraventa il pallone sotto l’incrocio dei pali. “Ok, questo qui è Paulo Dybala“, si saranno confidati i dirigenti dei top club mentre si segnavano nome e cognome.
Ma serve un altro indizio, stavolta inequivocabile. Appena due giornate dopo, tranquilli che è ancora novembre il mese in questione, il Palermo è chiamato ad una difficile trasferta a Genova contro il Genoa. Si chiuderà con un bellissimo pareggio (Genoa-Palermo 1-1), ma tutti parleranno del meraviglioso gol a giro di Dybala e di un suo numero da strapazzo su Burdisso, rovinato solo dal miracoloso intervento di Perin in uscita a mettere una pezza. Intanto Phil Neville, ex terzino del Manchester United, ha visto tutta la partita e alla fine twitta: “L’altra sera ho visto un giocatore che diventerà una star. Si tratta di Paulo Dybala del Palermo, ricordate questo nome”.
Adesso la Joya è inarrestabile. Al girone d’andata, il suo tabellino conta 10 gol (e che gol, signori!) e 6 assist: numeri impensabili in relazione al giocatore acerbo dell’anno prima. Palermo inizia a stargli stretta, le sirene di mercato lo ammaliano e Zamparini non è certo restio ad intavolare trattative per lasciarsi strappare un fuoriclasse dal sicuro rendimento. Dybala si lascia incantare dalle voci delle big e si ferma un po’, ma restano indimenticabili altri momenti che portano la sua marca di lusso.
Contro il Napoli in casa (Palermo-Napoli 3-1), in un freddo sabato di febbraio, Dybala imbarazza la difesa dei partenopei: serve l’assist per il 2-0 di Vazquez e stordisce Strinic con una giocata fantascientifica con l’esterno per la ripartenza del 3-0. Dybala può questo ed altro. Infine, contro il Genoa, mese di aprile: da prima punta, come sempre da inizio stagione, il Barbera lo vede resistere non solo tecnicamente ma anche fisicamente contro tutta la retroguardia del Grifone (Palermo-Genoa 2-1). E per poco non faceva crollare lo stadio con un sinistro terrificante, un po’ di collo un po’ di interno piede, che avrebbe terminato la sua corsa violenta contro la traversa per poi tornare in campo.
Sì, poi i festeggiamenti e i saluti, incoraggiati da chi lo aveva appena (s)venduto per una cifra pari ai 40 milioni, irrisoria a dispetto del suo valore attuale. E allora festeggiamenti e saluti non vale la pena di ricordarli: anche perché nessuno a Palermo festeggiava davvero quel giorno. Andava via un altro campione, l’ennesimo. Palermo meritava e merita di più.
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