Prende sempre più corpo un’ipotesi che fino ad oggi è stata considerata più o meno alla stessa stregua di altre e cioè che dopo l’incidente la donna, accortasi che il figlio era morto nell’impatto, lo abbia sepolto e poi si sia tolta la vita gettandosi dal traliccio dell’Enel dove il suo corpo è stato poi rinvenuto.
Questa adesso potrebbe diventare l’ipotesi più attendibile per gli inquirenti e ciò in virtù delle prime indicazioni che arrivano dagli studi dell’auto in cui viaggiava Viviana Caronia ed il piccolo Gioele.
Secondo quanto raccolto da Repubblica, l’incidente dentro la galleria non sarebbe stato così banale.
La macchina viaggiava a circa 100 km all’ora e dopo aver urtato il furgoncino fermo degli operai addetti alla manutenzione della galleria, avrebbe fatto un paio di testa coda prima di finire la sua corsa contro la parete della galleria stessa.
Sembra inoltre che il sediolino non fosse fissato al sedile con le cinture di sicurezza ma libero ed infatti è stato ritrovato libero, caduto fra i sedili e le cinture non utilizzate. Tuttavia dentro l’Opel Corsa della dj non sono state rinvenute tracce di sangue ma questo non esclude che il piccolo possa aver riportato gravi conseguenze nell’impatto.
Appare dunque indispensabile la testimonianza, più volte chiesta dal procuratore di Patti, Cavallo, dei 4 testimoni che dicono di averlo visto in braccio alla madre proprio quando quest’ultima cercava di scavalcare il gar rail. A suffragare questa ipotesi c’è anche il fatto che le suole delle scarpe della Parisi sono state trovate abbastanza pulite segno che la donna non ha camminato troppo all’interno della boscaglia. Si cerca anche un cumulo di foglie sotto cui potrebbe essere stato sepolto il piccolo Gioele.
Resta sempre in pista l’ipotesi che la donna ed il figlio possano essere stati aggrediti da dei rottweiler presenti nella zona: ispezionata la casa ed interrogato il padrone dei cani. Ma è anche vero che finora non sono stati rivenuti resti di ossa umane e 5 cani addestrati a trovare resti umani sono stati portati a Caronia. Da Roma è arrivato anche uno dei più esperti addestratori di questi cani specializzati, un poliziotto che ha lavorato anche nel caso di Yara Gambirasio.
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