Vanello, dal calcio ai progetti: “Il “Barbera” è un gioiello, io saprei come ristrutturarlo”.
Prima giocatore, poi architetto: “A Palermo anni fantastici, peccato per quella A sfumata”.
“Quando all’Inter mi dissero che mi sarei dovuto trasferire in Sicilia, ci restai male. Dopo rimasi incantato dalla città”.
In una ipotetica «Hall of fame» dei calciatori che al Palermo hanno lasciato in pezzetto di cuore, Sandro Vanello, nato a Tarcento in provincia di Udine il 18 giugno del 1948, s’è guadagnato un posto in prima fila.
Inizia così l’articolo di Carlo Brandaleone nella sua rubrica Cuori rosanero, sul Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Il ritratto di un centrocampista dai piedi buoni che al termine della carriera inizia quella di architetto e che gratuitamente si offre per un rendering (progetto tridimensionale) del Barbera, stadio a cui è rimasto legatissimo e che considera un gioiellino.
Un giocatore che ha sempre amato il bello, l’estetica tanto da essere etichettato dal suo ex allenatore Viciani, il calciatore più abbronzato d’Italia.
L’intervista di Carlo Brandaleone fra passato ed un presente che vede Vanello affermato architetto in Friuli. Ma, come recita un famoso film, chi arriva a Palermo piange due volte: quando viene e quando va. Vi riportiamo alcuni passaggi dell’intervista:
“Certo non fui contento quando l’Inter nell’estate del 1970 mi cedette al Palermo. Anzi, non volevo venire proprio. Avevo vent’anni, due anni prima avevo debuttato in A col Verona… l’Inter doveva prendere Giubertoni e Pelizzaro dal Palermo e in cambio andammo io, Landini e Girardi… Bastò meno di una settimana per capire che ero arrivato nel posto giusto. Renzo Barbera mi accolse come un figlio, mi alloggiò a Villa Igiea, suo figlio Ferruccio, mio coetaneo, mi prese in custodia. Uscivamo tutte le sere e conobbi il volto più bello della città. Molti amici, come Giacomo Sinagra, li frequento ancora. E Palermo mi sembrò subito bellissima. Oggi è ancora più bella, riesce a stupirmi tutte le volte che torno… Restammo anche cinque mesi senza stipendi, ma mai nessuno lo fece pesare a Renzo Barbera, sapevamo che avrebbe fatto di tutto per onorare gli impegni. Presidenti così, con i suoi tratti di umanità e la sua signorilità, nel calcio non ne esistono più. Ormai è solo business… Sono stati anni molto intensi, molte gioie e qualche amarezza ma per me è stata tutta una favola. Giocavo, mi divertivo, ebbi rapporti positivi con tutti, anche col tecnico Viciani nonostante si sia detto spesso il contrario e mi laureai in architettura a Palermo…”
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