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Palermo-Turris è la follia del calcio. Ci sono troppe cose che non tornano

Palermo-Turris incarna alla perfezione tutte le follie del calcio in epoca post-Coronavirus. Una gestione scellerata di una situazione oggettivamente difficile ha portato a un’infinità di complicazioni e polemiche che sarebbero state facilmente evitabili qualora si fosse agito con maggiore prontezza e decisione non a poche ore dal match, bensì prima dell’inizio del campionato.

È assurdo, infatti, che di volta in volta il protocollo dettato dalla Lega Pro, stabilito prima dell’inizio del campionato, venga sbugiardato dal parere discordante dell’autorità sanitaria locale che, agendo in termini preventivi com’è giusto che sia, blocca la manifestazione sportiva quasi in maniera goffa, prendendo in contropiede tifosi e addetti ai lavori.

Forse è azzardato per gli standard approssimativi a cui siamo ormai abituati, probabilmente in questo Paese non siamo avvezzi a collaborare con le autorità preposte, ma se alla vigilia del campionato ci si fosse messi d’accordo con le autorità sanitarie responsabili del monitoraggio del contagio sul territorio, stabilendo di comune accordo un protocollo da seguire all’interno dei club in ogni caso di positività al virus (dal singolo contagio di un tesserato fino al cluster che ha coinvolto il Palermo), probabilmente ora non staremmo parlando di ciò che è a tutti gli effetti definibile come un campionato falsato.

Perché, che piaccia o meno, non può definirsi regolare un campionato in cui una squadra è impossibilitata ad allenarsi perché obbligata all’isolamento a causa del contagio; in un calendario così fitto, che ha avuto inizio a fine settembre e che nelle pretese iniziali dovrà finire entro aprile, anche il rinvio di più di 2-3 partite mette in difficoltà sotto l’aspetto fisico il team che non ha potuto disputare regolarmente le partite quando, invece, avrebbe dovuto affrontarle.

Ma le situazioni opache in tutta questa storia non sono affatto poche.

Sorge spontaneo, infatti, chiedersi come sia possibile che alla vigilia della gara col Bisceglie non sia risultato nemmeno un positivo, e dopo appena 3 giorni 10 elementi tesserati del club siano risultati positivi tutti nello stesso giorno e nello stesso momento, senza che nessuno tra questi fosse positivo ai controlli effettuati appena 3 giorni prima.

Il virus ha tempi di incubazione differenti da individuo a individuo, è veramente raro, a meno che non si tratti di una crudele coincidenza, che sia “spuntato” nello stesso giorno per tutti e 10 gli individui. Quindi: o il protocollo è inefficace e ha poco senso fare tamponi ogni 3-4 giorni, oppure c’è stato un errore tecnico.

L’ipotesi che si sia trattato di una crudele coincidenza  rende allora del tutto inutili i dispendiosi e ripetuti controlli a cui sono obbligati i club per protocollo di Federazione; e anche in questo caso, allora, ci si chiede quanto senso abbia proseguire fino alla fine del campionato con un modus operandi che fino a questo momento ha fatto acqua da tutte le parti, in un contesto epidemiologico del Paese che è sì grave, ma non tanto quanto quello di altre nazioni. Qualora la situazione dell’Italia tra qualche settimana dovesse essere analoga a quella, per esempio, della Francia – dove da giorni si registrano più di 25.000 casi al giorno – come potrebbero continuare le varie competizioni calcistiche?

Ai posteri l’ardua sentenza. Ai contemporanei, invece, resta solo lo sdegno per una situazione approcciata male e gestita peggio.

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