Favo: «Che gioia quella Coppa, ora non è facile senza i tifosi».
«Ai miei tempi c’era Battaglia che saltava sempre l’uomo, nella squadra attuale c’è soltanto Silipo. Bisogna puntare sulle doti aeree di Saraniti».
«Bari e Ternana hanno speso tantissimo, ma io ho fiducia in questa società che ha un progetto. La gente deve armarsi anche di pazienza».
Questo il titolo del Giornale di Sicilia, oggi in edicola.
Massimiliano Favo, nato a Napoli il 12 dicembre del 1966, è l’unico capitano del Palermo del dopoguerra ad avere alzato al cielo una Coppa.
Una Coppa piccola, se vogliamo, persa e ritrovata negli anni in circostanze misteriose: la Coppa Italia di Serie C del 1993.
Questa l’apertura dell’articolo di Carlo Brandaleone nella sua consueta rubrica Cuori Rosanero.
Le parole dell’ex centrocampista rosanero, che adesso allena l’Under 17 della Nazionale italiana, rimasto però sempre legato al Palermo:
“Tecnicamente non c’è paragone. Giocatori come Battaglia in C non ci sono. Oggi si corre tanto ma non si vede un tunnel, né un doppio passo… Volevo giocare e se il Palermo ci avesse provato avrebbe preso anche Zola. Invece preferì Musella. Fu un bene per Zola, che andò a Napoli e grazie anche agli insegnamenti di Maradona fece una grande carriera… Cinque giorni prima del 6 giugno del 1984, quando Diego si presentò al San Paolo davanti a sessantamila spettatori, io avevo vinto lo scudetto Allievi col Napoli. Così quando arrivò Maradona fummo chiamati in campo come avanspettacolo della presentazione di Diego. E poi lui stesso ci premiò, il primo scudetto che vide fu quello delle nostre maglie. Sei mesi dopo io fui aggregato alla prima squadra e cominciai ad allenarmi con lui… Ho un ricordo bellissimo di Maradona. Intanto faceva in allenamento cose straordinarie, difficili anche da raccontare. Ma lo ricordo con affetto per la sua generosità. Era una specie di paladino dei deboli. Controllava sempre che i premi partita fossero ripartiti in modo corretto, perché i più giovani e chi giocava di meno fossero rispettati. Io ho avuto la fortuna di conoscere il primo Maradona, il più forte, il calciatore che non si era ancora lasciato andare. Prima di partire per il Messico nel 1986 ci salutò dicendo: vado a vincere il Mondiale… Sento parlare in questi giorni tanti a sproposito, gente che ritiene eccessivo questo dolore per la scomparsa di Diego. Ma che ne sanno di quanto Maradona abbia fatto per Napoli? Una città che veniva dal terremoto, con problemi di ogni genere. Ha regalato felicità e vittorie a una intera regione che non era abituata a vincere, e lo ha potuto fare anche perché Napoli l’ha trattato come un re. Del resto Maradona solo al Sud avrebbe potuto giocare, a Napoli, a Palermo, a Reggio Calabria…
Cosa è rimasto di Palermo? Tutto. A Palermo ho giocato più che in qualsiasi altra squadra. Ed ho giocato negli anni migliori della mia carriera, da 23 a 28 anni. A Palermo è nata una mia figlia, non ho mai fatto il gesto plateale di baciare la maglia ma Palermo lascia nel cuore qualcosa che non si può cancellare mai. Tuttora non mi perdo una partita della squadra rosanero. Palermo è una piazza difficile per i presidenti, ma io ho fiducia in Mirri e nella sua idea che bisogna entrare nel grande calcio dalla porta principale. Fa bene il Palermo a costruire un centro sportivo, un club deve avere anzitutto una sua casa. Se poi per arrivare in alto occorrerà qualche anno in più pazienza, l’Atalanta c’è arrivata a piccoli passi“.
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