Palermo, dalla mediocrità ai piani alti c’è un poco, un niente, che poi è tutto…
Tra un panettone e l’altro, nel bel mezzo di queste feste diverse ma non meno autentiche, mi accorgo, giusto perché il calcio si è fermato in tv ma non nella mia testa, che la linea che passa dalla mediocrità ai piani alti è sottilissima. Mi fermo a pensare che il modulo, l’allenatore, l’altro attaccante mai avuto se pur richiesto (da qualcuno), sono tutti argomenti di discussione interessanti, anche logici se vogliamo, che però lasciano il tempo che trovano e si assottigliano terribilmente nel momento in cui, non dando spazio a troppi giri di parole, mi accorgo che a distanziare i rosanero dal 4° posto sono soltanto 6 punti.
Una linea sottile, un filo che rappresenta il nulla e che è, invece, il tutto. Insomma tra il trascorrere un Natale nell’élite della classifica e il passarlo, diversamente, tra le acque della mediocrità, è passato qualcosa di condizionante. Quei momenti del match mai capiti, quelle disattenzioni che hanno spesso rovinato delle buone prestazioni che meritavano ben altro frutto, sono probabilmente le cause che hanno portato i calciatori del Palermo a guardare più dal basso verso l’alto che viceversa. Il match contro la Turris sperperato nel finale, i due punti persi contro la Viterbese per delle amnesie che sono durate poco, quanto basta. Infine Vibo Valentia e quel tanto gioco macinato, che non hai mai generato “prodotti finiti” (il gol).
Momenti di poca lucidità che si sono tradotti nelle partite sopra elencate. Abbiamo per tanto tempo riflettuto sugli errori commessi, abbiamo criticato la società perché la squadra costruita non è forse all’altezza delle prime posizioni. Noi addetti ai lavori ci siamo chiesti, dandoci poi una risposta, se questa squadra fosse semplicemente da metà classifica e nulla di più. I tifosi si sono interrogati sul modulo, messo in discussione Boscaglia e gettato fango a chiunque in questi mesi. Ma poi nessuno, come faccio io in questo momento (sbagliando forse?), si è mai fermato ad analizzare la classifica così dettagliatamente tanto da poter dire che alla fine, senza fare molto i teorici e a netto di una rosa costruita discretamente a immagine e somiglianza della classifica attuale, ciò che divide il Palermo dall’essere una mediocre (come è adesso) all’essere forte, è poco, è niente, ma poi è tutto.
E’ poco se si conta con le dita delle mani, perché contando fino a 6 non si useranno neanche due mani, è niente perché con un balzo, neanche poi così grosso come quello di una lepre, si andrebbe in 4° posizione con un battito di ciglia senza neanche accorgersene, vincendo chissà due gare di fila e con un po’ di risultati favorevoli. E’ tutto, infine, perché se oggi finisse il campionato i rosanero giocherebbero gli spareggi con zero motivazioni, consapevoli dell’impossibilità dell’impresa. Nel calcio il poco, è in realtà tutto. Poco di meno o poco di più possono infatti farti scivolare molto più in basso o decollare molto più in alto.
Ma quello che incoraggia, è che poi, in virtù di quanto detto, ai rosa non serve così tanto per decollare davvero. Forse è meglio porre un interrogativo: al Palermo serve davvero poco per decollare? Ecco faccio così, pongo un problema, una domanda. Perché poi effettivamente sembrerebbe che basti poco ma alla fine non c’è mai una certezza assoluta. Basta un minimo di attenzione in più? Un minimo di cinismo in più? Tanta esperienza in più? Cosa serve davvero al Palermo per permettere a quel poco di far fare un grande salto, per trasferirsi dalla mediocrità alla qualità. Poco, sì, ma cosa veramente?
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