Vaccino anti Covid-19, immunità di gregge e sanità pubblica. Di questi e di molti altri argomenti abbiamo avuto modo di parlare in esclusiva ai nostri microfoni con il Dottore Davide Brancato, dirigente medico presso il Covid Hospital di Partinico, che oggi ha avuto la possibilità di ricevere il vaccino della Pfizer.
Il Dottor Brancato nel corso dell’intervista rilasciata in esclusiva a TifosiPalermo.it ha parlato di svariati argomenti, incentrandosi sempre sull’argomento generale del vaccino, del Covid-19 e della sanità pubblica.
Lei è tra i primissimi a ricevere il vaccino in Italia. Partiamo da una domanda allo stesso tempo “banale” e tanto discussa: come mai ha deciso di vaccinarsi?
“Ho deciso di vaccinarmi perché credo fortemente nella sicurezza e nell’efficacia del vaccino. Da operatore penso di avere il dovere di proteggere gli altri, anche attraverso la mia vaccinazione, e di proteggere me stesso in maniera tale da garantire massima efficienza e operatività da sanitario impegnato nella lotta al Covid-19“.
All’interno del dibattito pubblico italiano si solleva pian piano la voce di chi, tra i componenti medico-sanitari, non vuole vaccinarsi. Come mai, secondo lei, esistono medici che mostrano scetticismi sul vaccino?
“Per risponderle le porto un esempio. Io ho studiato la medicina tradizionale occidentale, ma ci sono anche quelli che non ci credono e hanno studiato l’omeopatia. Però gli omeopati più accorti, quando capiscono che è opportuno farlo, praticano anche la terapia medica tradizionale-occidentale. Secondo me ci sono molti medici e sanitari che hanno una filosofia che è contraria all’utilizzo dei farmaci, dei prodotti dell’uomo”.
Però dal punto di vista tecnico-scientifico le dico che non c’è storia: in questo momento noi abbiamo una certezza, ovvero che se non c’è una vaccinazione efficace e sicura ci prenderemo tutti il Covid. Se non si vaccina nessuno, il Covid prima o poi contagerà tutti. L’unica speranza che abbiamo è il vaccino.
“Mi rendo conto del fatto che non possiamo conoscere quali sono gli effetti a lungo termine, specie per quel che riguarda il vaccino Pfizer che ho fatto oggi, che è un vaccino ad RNA, ovvero una tecnologia che finora non è mai stata testata nel lungo termine. Però, tra un possibile danno a distanza di tempo, e un danno certo che è quello di beccare prima o poi il Covid-19, preferisco intanto fare il vaccino”.
Tanti italiani in queste ore si stanno chiedendo che percentuale di vaccinati sarà necessario raggiungere per ricominciare a “respirare”?
“Partiamo dal fatto che non sono un epidemiologo. Penso che già nel momento in cui riusciremo a vaccinare la maggior parte degli over 55, credo che questo significhi circa il 40-50% della popolazione, lì avremo molti meno malati gravi e molti meno morti. Però per raggiungere la cosiddetta immunità di gregge serve il 60-70% della popolazione, per quello che ho studiato”.
Pfizer, Moderna, AstraZeneca. Esiste un vaccino più sicuro dell’altro?
“In questo caso non esiste uno più sicuro dell’altro perché non abbiamo dei dati a medio-lungo termine. Per un vaccino ci possono essere le conseguenze a breve termine, nelle prime settimane e mesi, e questi dati li abbiamo. Poi ci sono le conseguenze a lungo termine, che possono essere pienamente comprese soltanto se hai un campione di persone molto ampio con un tempo di osservazione molto lungo, e questo non si ottiene mai se non dopo che quel vaccino è stato messo sul mercato, e hai vaccinato milioni di persone. Ci sono degli eventi rari, molto rari, che vengono fuori se vaccini un milione di persone e li osservi per cinque anni. Se non c’è la vaccinazione di massa, anche gli aspetti a lungo termine del vaccino, noi non li vedremo mai.
Il vaccino Pzifer e il Moderna sono vaccini ad RNA, dunque una tecnologia nuova, e tutto ciò che è nuovo fa spaventare, ma in realtà non dovrebbe essere esattamente così. Il vaccino Pfizer e Moderna stimola l’immunità non attraverso le proteine, ma attraverso RNA. I cinesi, invece, utilizzano le proteine, che possono indurre l’immunità, ma RNA lo fa in maniera maggiormente diretta”.
Per intenderci porto avanti un esempio. È come se avessimo davanti due strade per arrivare a Messina: da una parte la statale 113 che passa per tutti i vari paesi e che conosco benissimo, a memoria, e che ho percorso tante volte, dall’altra l’autostrada nuova di zecca che non ho mai percorso che è più diretta. Io mi fido di più dell’autostrada, e non della Statale 113 che conosco a memoria.
“C’è un altro problema: bisogna capire se gli anticorpi neutralizzanti sono veramente anticorpi che si traducono in meno persone malate, meno persone ricoverate in rianimazione o meno persone morte.
Il vaccino AstraZeneca è stato testato in alcune popolazioni, dando il vaccino ad un certo numero di persone e ad altre il placebo. Dopodiché hanno visto quante persone si sono ammalate con e senza la dose. Nei soggetti sotto i 55 anni, col vaccino AstraZeneca, nessuno mai è andato a finire in rianimazione. Tra quelli invece che avevano ricevuto il placebo, alcuni sono finiti in ospedale. Il vaccino AstraZeneca dunque ha avuto un risultato ancora più convincente sotto questo aspetto, a prescindere poi dagli anticorpi che ha potuto produrre”.
Una volta che si riceve il vaccino contro il Covid-19, magari proprio il Pfizer, e si contrae il virus, si è ugualmente contagiosi oppure no?
“Secondo me sì, ma ci sono da fare alcune precisazioni. Non esistono vaccini, se non in pochissimi casi, che danno una protezione del 100%. Esistono vaccini con percentuali di protezione più o meno elevate, in relazione all’agente patogeno contro il quale ci vacciniamo.
In questo caso il vaccino Pfizer molto probabilmente permetterà a meno persone di ammalarsi, e la maggior parte avrà una forma più leggera di Covid-19“
Lei lavora nella sanità pubblica e ha potuto avvertire concretamente come questa sia stata trattata dai Governi negli ultimi anni. Quanto ha influito la riduzione negli anni precedenti della spesa pubblica sulla sanità?
“È stata determinante nel rendere il sistema sanitario nazionale profondamente incapace di far fronte alla pandemia. È un sistema fatto da medici, infermieri, OSS anziani, spesso demotivati, fortemente sottopagati.
Soprattutto sono stati ridotti i posti letto. Rispetto ai 410.000 posti letto di vent’anni, c’è stata una riduzione di oltre 100.000 unità, c’è stata una pianificazione 5.100 posti di rianimazione, che in proporzione per numero di abitanti la Polonia ne ha molti più di noi, per non parlare della Germania che ha sei volte quelli che abbiamo noi. Ciò che fa la differenza è l’organizzazione, la cultura, le procedure condivise, il gruppo di lavoro: ci vogliono anni per fare questo.
C’è stata una sistematica demolizione della sanità pubblica. Non è un caso che noi abbiamo una delle mortalità più alte del mondo. La popolazione non muore solo perché sono più anziani, muoiono quando non ci sono i posti letto: quando questo manca il paziente non arriva in ospedale in tempo, non viene assistito con le giuste tempistiche, arriva quando già c’è poco da fare, e quindi muore. La responsabilità politica è di chi per vent’anni ha tagliato la sanità”.
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