Sono numerose le aggressioni ai rider di tutta Italia nell’ultimo periodo. I casi più eclatanti sono avvenuti tra Napoli e Palermo. Proprio nel capoluogo siciliano qualche giorno fa un rider è stato aggredito in seguito ad una richiesta di informazioni sullo stato dell’ordine da lui effettuato.
Una situazione difficile da gestire per migliaia di lavoratori, sia sotto l’aspetto sociale che dei diritti sindacali. In tal senso abbiamo intervista in esclusiva per i microfoni di TifosiPalermo.it Andrea Gattuso, eletto coordinatore regionale della Nidil Cgil nel 2019.
Cosa vuol dire oggi, sotto l’aspetto delle tutele sindacali, essere un rider in Italia?
“Oggi essere un rider in Italia sotto il profilo dei diritti è molto complicato. In questo momento i rider in Italia sono inquadrati o con contratti di prestazione occasionale, o di partita IVA, o con Co.Co.Co”.
“Questi sono tutti dei contratti che non danno diritti come per esempio la malattia, le ferie, ma nemmeno ad una cosa minima che dovrebbe essere normale: la paga oraria. Loro infatti tuttora hanno comunque una paga che è a consegna, sono pagati a cottimo. La situazione è molto complessa e questi lavoratori hanno pochissimi diritti”.
C’è una certa tendenza a santificare la figura del rider, come se questo fosse un lavoro facile e non privo di rischi. Che ne pensi di questo genere di narrazione?
“Io credo che sia un lavoro per niente facile. Intanto perché stare per ore e ore, anche 10h al giorno, fuori casa in sella ad una bicicletta o moto, comporta già dei rischi. Negli ultimi mesi inoltre abbiamo assistito a molte aggressioni nei confronti dei rider, sia per rapinarli o per altri episodi di violenza totalmente ingiustificati. Il caso di Napoli forse è stato il più eclatante, quando hanno sottratto ad un ragazzo il motorino. Non è un lavoro facile“.
“Oltretutto sono lavoratori di tutte le età e di tutte le condizioni sociali: c’è lo studente che vuole arrotondare o il padre di famiglia che lo fa per portare avanti i propri impegni”.
A tal proposito, questo genere di “infortuni” sono tutelati dalle aziende di riferimento?
“Se parliamo di una caduta, che dà luogo ad un trauma, è protetto comunque dall’INAIL. Con la legge 128/2019 tutte le piattaforme per qualsiasi tipo di contratto devono assicurare la polizza contro gli infortuni”.
“Per quel che riguarda furti, aggressioni e rapine non c’è alcun tipo di tutela. Questi lavoratori sono considerati autonomi e, dunque, responsabili dei loro beni e quindi l’azienda non dà alcuna tutela”.
Serve, dunque, un tipo di tutela in tal senso per i rider.
“Assolutamente sì. Noi abbiamo sempre detto che questo tipo di lavoro non può essere un lavoro inquadrato come ‘autonomo’. Questa è una professione che si può esercitare con un lavoro di tipo subordinato, ci ha dato ragione anche il Tribunale di Palermo che per la prima volta aveva riconosciuto un rider di Glovo in quanto lavoratore subordinato”.
“Ci danno ragione anche le aziende, come JustEat, che da marzo assumerà i propri rider con contratti di lavoro subordinato, il che vuol dire: paga orario, fornitura di bici e moto, dando a questi lavoratori tutte le protezioni del caso”.
Quindi fare il rider oggi in Italia non è la stessa cosa di qualche anno fa. Quanto ha contribuito il sindacato in tal senso?
“Ancora la strada da fare è tanta. È vero che finalmente si è cominciato a ragionare e si sono fatti tanti passi avanti con tante conquiste. Allo stesso tempo queste sono frutto delle lotte portate avanti in questi anni soprattutto dalla Cgil, e non sicuramente da sindacati come l’Ugl, che in realtà non ha per niente migliorato la vita a questi lavoratori. Il loro accordo, infatti, aveva soltanto avvantaggiato la vita all’azienda”.
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