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La dirigenza “uccisa” dai suoi stessi calciatori: ecco il male del Palermo

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Dalla disfatta di Teramo ne è passata acqua sotto i ponti, vino nelle botti e sopratutto nelle bocche, sale nelle cucine e nelle pentole. Tutto è andato avanti, dritto come sempre. O meglio, come nell’ultimo anno e mezzo nella nuova realtà deformata dalla pandemia. Anche di parole nelle bocche, o “boccacce” della gente, ne sono passate tante, tantissime a tratti. E quando si è parlato di Palermo, tema sempre caro alla città e ai tifosi sopratutto, se ne sono dette di tutti i colori. Giustamente, sia chiaro. Perchè proprio da quel 2-0 contro gli abbruzzesi, fuori sono successe tante cose, ma l’unica cosa che nel capoluogo è rimasta davvero ferma, è stata la squadra della città.

Le cose cambiano, ma il Palermo è uguale

Immobile, sì come cozza nel suo scoglio, o come Bresciano dopo un gol ai tempi d’oro (per restare sempre in tema calcistico). Non è cambiato mai nulla in termini di agonismo, salvo poche prestazioni occasionali, in termini di gioco, salvo poche parabole inventate dal giocatore più tecnico in assoluto, Mario Alberto Santana. Parole, anche lì, tante, ma mai davvero spronanti e decisive. “Chiacchiere da barbiere”, come si suole dire. Argomenti futili, ma mai nessuno “schiaffo” morale. Errori nella comunicazione, certamente, importante quanto mai. Ma oggi è doveroso rispondere forse a chi in campo scende e mette testa e gambe e a chi, tra i più, crede che i responsabili dello sfascio siano i dirigenti di questa società, presidente compreso.

Ecco di chi è la colpa

Forse arriverà il momento in cui i gol li faranno anche gli amministratori delegati o i direttori sportivi, ma non era ieri e non lo è oggi, quel giorno. Di sicuro c’è che i ruoli vanno rispettati in un club, motivo per cui i calciatori vanno in campo e cercano di dare il massimo, i dirigenti cercano di costruire una squadra all’altezza, i magazzinieri contribuiscono all’ordine interno di una squadra e i medici, curano gli atleti. Ognuna delle componenti, che tra l’altro non abbiamo potuto citare tutte quante, è fondamentale per cercare di ottenere il successo. Al Palermo almeno un anello dei 4 elencati è mancato clamorosamente. E oggi, dopo la partita persa con il Monopoli, non si può dare certo la colpa alle “poltrone” societarie.

Perchè è chiaro, che quel “massimo”, i calciatori non lo hanno dimostrato. E non è solo il punto di vista tecnico-tattico ad aver generato delusione. Sono mancati atteggiamento, grinta, furore. Praticamente tutto nel calcio di ieri, in quello di oggi e in quello che verrà. Perchè poi si sa, tutti diventano teorici di schemi e scrivono libri infiniti sulle posizioni da tenere in campo, ma poi ci si dimentica facilmente dei valori umano-sportivi. Nessuno, siamo sicuri, ha mai urlato dentro lo spogliatoio prima di una partita che quella era “la” partita e che si giocava per “il” Palermo, non una squadra di provincia. A nessuno, se non a quei pochissimi fedeli che trovano il “mos maiorum” dentro di loro, sono stati trasmessi valori veri. Nessuno è stato mai capace di trovarli prima di un match importante. Mai qualcuno ha dimostrato vero atteggiamento in campo, eccezion fatta per il derby. Ma lì, è cosa troppo facile. Quel “costume” che paradossalmente Mirri ha cercato di incarnare fin dall’inizio con la sua palermitanità.

I dirigenti hanno costruito un’ottima squadra…sulla carta

Sono il furore, l’agonismo, che avrebbero permesso a questa squadra di avere una classifica diversa. Ma ormai è tardi. L’attenzione viene dopo, così come la tattica e la tecnica. Perchè solo se si entra con il coltello tra i denti, tutto riesce meglio. Nessuno ha mai inculcato questo credo. Il primo, che pure doveva entrare dentro uno spogliatoio ancor prima del bel gioco, ancora prima degli schemi. Ne risulta una classifica complicata, dove tuttavia, ai numeri, ancora non tutto è totalmente perduto. E pensare, che la squadra non è poi stata costruita male. A Palermo sono arrivati calciatori di categoria superiore: dalla difesa in sù ci sono solo calciatori con esperienze alle spalle importantissime. E quando anche l’unica colpa della società è stata espiata con l’esplosione di Lucca, vuoi per fortuna o per bravura, chi può ancora scaricare la responsabilità sulla dirigenza?

Costruita una squadra da 5,90 milioni di euro

Oggi la colpa non è di nessun’altro se non dei calciatori. Ai quali, evidentemente, manca la personalità per giocare in una piazza che, diciamo la verità, non è come le altre. E non c’è da vergognarsene. Oggi il Palermo è la terza piazza del girone C per valore della rosa corrispondente a 5,90 milioni di euro, alle spalle di Ternana e Bari. Oggi, se il calcio fosse solo una questione di soldi, i rosanero sarebbero al 3° posto. Ma non è così perchè, banalmente, i dirigenti non fanno assist o gol. Lavorano, invece, per costruire un organico all’altezza. E Sagramola e Castagnini, checchè se ne dica, hanno rispettato il loro compito. Che la squadra non fosse funzionale al gioco di Boscaglia? Non scherziamo. Il punto è che molti, se non tutti, non hanno dimostrato il loro reale valore e non lo avrebbero fatto anche se in panchina ci fosse stato Fabio Capello, maestro assoluto del gioco più bello del mondo.

Sorpresi di cosa? E’ l’anno della ricostruzione

In fondo alcuni si sono dimenticati che a Palermo si passa da una ricostruzione. L’anno in cui si cambia di tutto e di più è il più difficile in assoluto. Perchè, non trattandosi di Playstation o Xbox, subentrano purtroppo altri fattori: testa, ambientamento, conoscenza. Conoscenza umana e calcistica soprattutto. Si tratta di un processo lungo, un anno è nulla per vedere risultati. Nel calcio serve tempo, purtroppo per chi pensava di ottenere 3 promozioni di fila, società compresa (che come detto ha più volte sbagliato nella comunicazione). Adesso, non sappiamo perchè, e non saremo certamente noi a fare la rivoluzione umana da questo punto di vista, ma ci chiediamo perchè non viene mai data una seconda possibilità nel calcio. La cattiveria esiste nel mondo, ma in fondo si tratta di un gioco. Un progetto è fatto di errori, di cadute, di sconfitte e dispiaceri, ma se ci credi devi riconfermare una “famiglia”. Boscaglia non doveva andare via per questo motivo, perchè si sarebbe ripartiti da un progetto serio e con un allenatore che, purchè se ne dica, è un esperto della categoria.

Che errore fare un’altra rivoluzione

Nonostante i giocatori siano infatti i veri responsabili di questa stagione negativa, almeno per il momento, non ci sarebbe errore più grande che dare inizio ad un’altra rivoluzione. Non ci sarebbe peccato più ripugnante che interrompere una processo di crescita che richiederà già del tempo, facendo saltare ruoli e persone. Come per i bomber, anche per le squadre di calcio il secondo anno è sempre quello della verità. La Ternana ha impiegato 3 anni per ottenere la promozione, il Bari è pronto da 3 anni, ma la fortuna non è proprio al suo fianco. Il Catania ci prova da secoli eppure la dirigenza pare abbia dato sempre ottime squadre in mano al suo allenatore. Purtroppo, e nessuno forse ci ha mai pensato, il vero sacrilegio per il club di viale del Fante è stato fallire 2 anni fa. 

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