Dalle carceri libiche alla Coppa Italia a Ragusa: la storia di Abdul
Questo il titolo del La Repubblica, oggi in edicola.
Lo stadio Partenio in C è un tabù
L’articolo di Fabrizio Bertè pone l’attenzione su una giovane promessa del Ragusa con un passato particolare alle spalle. Dopo essere approdato in Italia nel 2018, l’ivoriano Abdul Sangarè è andato alla ricerca della serenità che, inevitabilmente, spetta a qualsiasi giovane 23enne.
Abdul si è quindi approcciato al calcio giocando con il Ragusa e conquistando la Coppa Italia d’Eccellenza. Tanta la felicità e la soddisfazione di un giovane pieno di sogni e aspirazioni che, nel club siciliano ha vestito perfino la fascia da capitano. Queste le parole del giovane Abdul: “Sono molto emozionato. Rappresento il primo migrante ad essere entrato nella storia del Ragusa, da capitano per giunta. Devo ringraziare tutti, dal mister alla società: per me era un riscatto dopo la finale persa con il Canicattì nel 2019”.
Il calcio per lui rappresenta una vera e propria liberazione dalle atrocità del passato, vissuto tra guerra, povertà e sfrenata ricerca di lavoro per poter andare avanti. Ad aggravare ulteriormente le sue condizioni di vita, la prigionia. Durante la sua adolescenza, infatti, era stato catturato da alcuni soldati a Mali e condotto in Libia dove rimase lì per 5 mesi.
Successivamente, come spesso si verifica chi incappa in un destino del genere, Abdul è stato costretto a migrare per mare e, una volta arrivato in Sicilia è scoppiato l’amore per il calcio. La giovane mezzala ha militato inizialmente in Prima Categoria, poi in serie D a Isola Capo Rizzuro e infine in Eccellenza, al Marina di Ragusa: “In Sicilia mi sento a casa, devo tutto a questa terra” – ha detto.
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