Di Guglielmo Brancato e Gabriele Campanella
La prima tappa di oggi è stata la frontiera che separa Medyka dal territorio ucraino. Una colonna di furgoni, macchine e camion fanno da spola per portare aiuti principalmente verso Leopoli, uno degli ultimi punti relativamente sicuri del paese. L’ambientazione è caratterizzata dal volo dei corvi esattamente sulla linea di confine. Si muovono in silenzio in mezzo ai campi.
La frontiera funge da: fornitura di beni di primissima necessità come coperte e cibo e trasporto verso i campi adibiti vicino la città di Prezmyl.
La presenza dei militari e della polizia è massiccia, ricoprono principalmente la funzione di aiuto. Mancano i volontari che invece si concentrano nei campi.
La sensazione che lascia il posto è la seguente sembra essere un luogo troppo piccolo per essere il canale da cui sono passate più di 300 mila persone nelle ultime due settimane.
La stazione di Prezsmyl ha un carattere totalmente diverso. Una tipica cittadina polacca si riveste di una responsabilità immensa: traghettare migliaia di profughi verso parti dell’Europa con più speranza. I volti dei convolti raccontano storie ed emozioni molto varie. C’è chi riesce a trovare il sorriso nella mano d’aiuto di un volontario, chi perde il suo sguardo all’orizzonte guardando i treni arrivare e partire. C’è chi aspetta e chi ritrova.
Un caso particolare che ci ha sorpreso oggi tra la decina di treni che abbiamo visto partire, è l’unico della giornata diretto a Kiev. Uomini che hanno accompagnato la famiglia al sicuro, foreign fighters di tutto il mondo, ma anche donne e bambini motivati a tornare dopo una breve permanenza al sicuro. Questi i protagonisti di un unicum che più di tutto ci rivela quanto la guerra a volte sia paradossale e devastante.
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