Il caso del murales imbrattato ha destato molto sgomento tra i palermitani, che, dopo aver avuto un colpevole, si chiedono il perché di un gesto così vile e spregiudicato.
Tommaso, Tonino e il resto dei nomi stilati sulle mura dello stadio Renzo Barbera, echeggiano nella mente di ogni cittadino palermitano. Nomi sicuramente cari all’”artista incompreso” che è già stato individuato dalla polizia.
I murales a Palermo
Seppur abituati ai vari scarabocchi che decorano le mura di palazzi storici, ville abbandonate e parchi desolati, qualcosa ha leso e ferito seriamente i siciliani. Infatti, quelle pallide scritte su colori vivaci risultano l’evidenziatore dell’inciviltà, piaga che attanaglia ancora troppo spesso una città che cerca fortemente un riscatto. Negli anni, si è cercato di valorizzare una delle città più rilevanti culturalmente al mondo con iniziative accolte con entusiasmo. Un recente esempio è di certo l’opera realizzata su un edificio allo Sperone, il difficile quartiere palermitano, ad opera di un vero artista, ovvero Giulio Rosk, lo street artist siciliano che ha realizzato un murales con il volto di Gaia, una bambina di 7 anni. Lo stesso che ha realizzato l’opera dedicata a Falcone e Borsellino alla Cala.
Lo sgradevole “restauro”, invece, rappresenta uno sfregio al progresso di una città che cerca di essere competitiva e ambiziosa. Tali iniziative, tra cui quella del murales al Renzo Barbera, quindi, hanno un compito ben preciso, ovvero quello di sfatare un mito siciliano: lo stare muto! L’arte si fa voce contro illegalità e inciviltà; le preziosi opere rappresentano la protesta di ogni singolo cittadino che ha qualcosa da dire. Pertanto, dopo aver condannato il gesto, alla città non resta che proclamare ad alta voce: “Caro artista incompreso, se avevi qualcosa da dire, quel murales stava dando voce anche a te!”.
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