L’università sarebbe inutile. Queste le parole della prof che si sta accaparrando le antipatie di molti. Secondo la docente, esistono fin troppi laureati che non occupano nessuna professione. L’Italia è il paese degli stage e tirocini, ma di lavoro concreto nemmeno l’ombra. È questa la denuncia della professoressa universitaria Federica Ricci Garotti, docente di tedesco all’università di Trento, prossima alla pensione. Per concludere in bellezza il suo operato ha pensato di inviare una lettera a Repubblica, destando non poche polemiche.
Le dichiarazioni della professoressa
“Ho alle spalle molti anni di frustrazione per il futuro delle e dei giovani che ho formato e formo. Vedere laureate e laureati spediti al massacro è un abominio”. Così esordisce l’intransigente prof, che continua: “Perché mandare al macello migliaia di giovani senza la prospettiva di una professione adeguata al loro percorso e non chiudere definitivamente le porte a saperi dei quali l’Italia, evidentemente, non sa che farsene?”. Parole, forse, troppo cariche di rammarico per i lettori, che, subito, ne hanno contestato l’intenzione.
“Chiudiamole queste fabbriche delle illusioni, che formano persone competenti, ma disoccupate”. Infine, un’accusa allo Stato: “Basta con le prediche sull’importanza delle competenze trasversali che formano cittadine e cittadini civili ed educati, colti, lucidi, dotti perfino. Dichiariamo, una volte per tutte, la sconfitta totale dello Stato per quanto riguarda i giovani laureati con i loro master, tirocini, praticantati di grande prestigio, perché l’Italia solo questo ha da offrire!”.
La provocazione della docente arriva in un momento veramente difficile per i giovani. L’utopia del posto fisso, obiettivo dei nostri nonni, ha fatto sì che automaticamente gli studenti abbandonassero gli studi ancor prima degli esami di Stato. Gli ostinati, invece, rientrano nel concetto che, con palese ironia, la prof riferisce, ovvero, che l’università è solo un modo per indottrinarsi di “saperi e buon senso”. Questo gli adulti lo sanno, ma i giovani laureandi possono ancora rifugiarsi in una fugace chimera. Per i giovani, quindi, la parola determinato risulta solo il tempo di una precaria illusione prima dell’indeterminato risveglio.
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